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Download Article as PDF (ENG)Dalle Anticamere ai Codici: La Lunga Marcia del Lobbying 🚶
Pensateci un attimo. Il termine stesso, “lobby”, ci riporta all’Inghilterra del Settecento, a quelle anticamere del Parlamento dove i rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di intercettare i membri perorando le proprie cause …. Una pratica squisitamente umana, basata sul contatto diretto, sulla persuasione, sull’arte di tessere relazioni. Negli Stati Uniti, persino la Costituzione, con il suo primo emendamento sul diritto di petizione, ha implicitamente riconosciuto questa dinamica …. Certo, fin da subito sono emerse le preoccupazioni sui possibili abusi, sul rischio che interessi particolari potessero prevalere sul bene comune1 …. Ma in fondo, in una democrazia, non è forse inevitabile che si formino gruppi con interessi comuni che cercano di far sentire la propria voce …?
L’Era dell’AI: Quando l’Intelligenza Artificiale Diventa il Nuovo Lobbyista (E i Budget si Gonfiano) 🤖➡️💼💰
Ed eccoci catapultati nel XXI secolo. L’intelligenza artificiale, con la sua capacità di analizzare montagne di dati, di comprendere posizioni complesse, di valutare impatti in un batter d’occhio, ha aperto nuove frontiere per il lobbying …. Immaginate la potenza di uno strumento capace di scandagliare testi normativi, identificare potenziali alleati e oppositori analizzando votazioni, dichiarazioni pubbliche e attività sui social media . È come avere un esercito di analisti al proprio servizio, 24 ore su 24 .
Non sorprende, quindi, che le grandi aziende tecnologiche, i veri colossi dell’high tech, stiano investendo cifre sbalorditive in attività di lobbying nel settore dell’AI …. E i numeri che emergono sono a dir poco impressionanti. Un recente report evidenzia come ben 612 aziende, gruppi e associazioni esercitino pressioni sulle politiche dell’economia digitale dell’Unione Europea, con una spesa complessiva annuale che supera i 97 milioni di euro! …. Questo dato sbalorditivo rende il settore tecnologico il più grande per attività di lobbying nell’UE, superando settori tradizionalmente influenti come quello farmaceutico, dei combustibili fossili, finanziario e chimico….
E la concentrazione di questa spesa è impressionante: dieci aziende da sole cubano un terzo della spesa totale delle lobby tecnologiche, spendendo collettivamente più di 32 milioni di euro per far sentire la propria voce nell’UE …. Tra questi giganti troviamo nomi ben noti come Vodafone, Qualcomm, Intel, IBM, Amazon, Huawei, Apple, Microsoft, Facebook e Google ….
OpenAI, ad esempio, ha quasi settuplicato le proprie spese di lobbying, arrivando a 1,76 milioni di dollari nel 2024 . E non si tratta solo di denaro: l’assunzione di figure con esperienza diretta nei corridoi del potere politico, come nel caso di Meghan Dorn, ex collaboratrice del senatore Lindsey Graham, dimostra una strategia ben precisa . L’obiettivo è chiaro: plasmare il quadro normativo in modo da favorire i propri interessi commerciali19 . Pensiamo ai loro sforzi concentrati sull’AI Advancement and Reliability Act e sul Future of Artificial Intelligence Innovation Act .

Microsoft, con la sua partnership e l’investimento di 15 milioni di euro in Mistral, una rivale europea di OpenAI, ha immediatamente acceso i riflettori dei regolatori europei . Il timore è che queste mosse possano minare gli sforzi legislativi volti a garantire un mercato digitale equo e competitivo …. E che dire di Google, vero pioniere del lobbying tecnologico? Dal 2010, è l’azienda che impiega più risorse in questo campo, sviluppando strategie sofisticate per influenzare legislatori e regolatori, soprattutto negli Stati Uniti …. La loro tendenza a “nascondere il proprio potere di mercato per evitare controlli”25 è una tattica sottile ma efficace.
Non solo, ma queste grandi aziende tecnologiche non agiscono da sole. Molte si organizzano in associazioni imprenditoriali e commerciali, veri e propri moltiplicatori della loro influenza …. E la loro potenza di fuoco è tale che i lobbisti digitali bussano regolarmente alle porte dei decisori politici dell’UE . Funzionari di alto livello della Commissione Europea hanno tenuto ben 271 riunioni, e un impressionante 75% di queste è stato con lobbisti del settore, con Google e Facebook a guidare il gruppo .
Un altro aspetto inquietante è che il lobbismo delle Big Tech si basa anche sul finanziamento di un’ampia rete di terze parti, tra cui think tank, associazioni di PMI e startup, e consulenze legali ed economiche. Si parla di 14 think tank e ONG con stretti legami con queste aziende . E l’aspetto più preoccupante, come sottolinea il report, è l’opacità che circonda questi finanziamenti . Le grandi aziende tecnologiche spesso non dichiarano i loro finanziamenti a questi gruppi, rendendo difficile tracciare la reale portata della loro influenza .

L’Angolo Cieco:Italia , Spagna Senza Bussola Regolatoria 🧭🚫
In questo scenario globale frenetico, ciò che mi lascia profondamente perplesso, quasi indignato come umanista digitale che crede nella trasparenza e nell’equità, è la situazione di Italia e Spagna. Siamo gli unici paesi in Europa a non avere una regolamentazione nazionale completa sulle attività di lobbying …. Un vuoto normativo che crea un terreno fertile per il traffico di influenze opaco e potenzialmente dannoso per il bene pubblico ….
Certo, in Italia alcune regioni come Calabria, Emilia-Romagna e Molise hanno promulgato leggi regionali , ma la loro attuazione è stata tutt’altro che uniforme. Allo stesso modo, in Spagna, comunità autonome come Catalogna, Castiglia-La Mancia e Madrid hanno adottato proprie normative . Ma queste iniziative locali, per quanto lodevoli, non possono sostituire un quadro nazionale coerente che stabilisca regole chiare per tutti ….
Senza un registro pubblico dei lobbisti obbligatorio e gestito da un’autorità indipendente , senza l’obbligo per i parlamentari di dichiarare i propri incontri con i lobbisti , come possiamo noi cittadini esercitare un controllo democratico sulle decisioni che ci riguardano?. Questa mancanza di trasparenza non fa altro che alimentare la percezione negativa del lobbying, associandolo alla corruzione e agli interessi oscuri …. Come ha saggiamente osservato Pier Luigi Petrillo, esperto di lobbying, in Italia l’attività di lobbying è “coperta da un velo impenetrabile” . E questo, in un’era dominata dalla potenza dell’AI e dai budget miliardari delle Big Tech, rende la situazione ancora più rischiosa ….
Tommaso Valletti, ex capo economista della Direzione della concorrenza della Commissione europea, sottolinea l’urgente necessità per le istituzioni dell’UE di cambiare il modo in cui gestiscono questo lobbismo e di limitare il potere della grande tecnologia . Questo appello risuona ancora più forte nel contesto italiano e spagnolo, dove la mancanza di regole lascia spazio a dinamiche ancora più opache.

Elon Musk e l’Amministrazione USA – Il Volto del Nuovo Lobbying
Un capitolo a parte molto significativo merita il binomio Elon Musk
A questo proposito è bene ricordare che il lobbying tradizionale negli Stati Uniti è storicamente legato a gruppi di pressione, finanziamenti elettorali e incontri discreti tra corporation e politici. Tuttavia, figure come Elon Musk incarnano un paradigma rivoluzionario: un’influenza basata su innovazione tecnologica, visibilità mediatica e una simbiosi tra obiettivi privati e pubblici. Questo capitolo esplora come Musk e la sua rete di aziende (Tesla, SpaceX, Neuralink, X) ridefiniscano il concetto di lobbying, trasformandolo in un’arte che mescola imprenditoria, narrativa pubblica e collaborazione strategica con il governo.
1. L’Imprenditore come Icona Politica
Elon Musk non è solo un CEO: è un simbolo culturale. La sua capacità di costruire un’immagine pubblica di visionario, dalle colonie su Marte alle auto elettriche, lo rende un interlocutore unico per l’amministrazione statunitense. A differenza dei lobbisti tradizionali, Musk non assume intermediari: usa il suo seguito mediatico (oltre 170 milioni di follower su X) per influenzare il dibattito politico. Esempi includono i tweet sul supporto a sussidi per l’energia pulita o critiche a regolamenti eccessivi su AI e spazio. Questo approccio “lobbying attraverso i social” crea pressione diretta sui decisori, sfruttando l’opinione pubblica come leva.
2. Tecnologia come Strumento di Negoziazione
Le aziende di Musk operano in settori strategici per gli USA: transizione energetica (Tesla), difesa spaziale (SpaceX), infrastrutture digitali (X). Questo li rende partner indispensabili per obiettivi nazionali, dal clima alla sicurezza. Per esempio:
- SpaceX e NASA: I contratti miliardari per i voli orbitali dimostrano come l’innovazione privata sostituisca programmi governativi, creando dipendenza.
- Tesla e gli Incentivi federali: Il sostegno all’elettrico (Inflazione Reduction Act) avvantaggia Tesla, ma Musk critica apertamente politiche che non lo favoriscono, come i ritardi nelle licenze per autocarri elettrici.
Qui, il lobbying non è richiesta di favori, ma negoziazione tra capacità tecnologica e priorità politiche.
3. La Diplomazia delle Opportunità
Musk interagisce con amministrazioni sia Democratiche che Repubblicane, adattandosi agli umori politici. Durante l’era Trump, è entrato nei consigli consultivi; con Biden, nonostante attriti iniziali (es. il mancato invito al vertice sull’elettrico), ha consolidato collaborazioni su infrastrutture spaziali e chip. La sua influenza deriva da una pragmatica neutralità: sostiene chiunque possa avanzare i suoi progetti, dall’esenzione fiscale per i bonus azionari ai contratti per Starlink in Ucraina.
4. Il Dilemma della Regolazione: Innovazione vs. Controllo
Musk incarna un paradosso: chiede meno burocrazia (es. lamentele su FAA e NTSB per i ritardi di Starship), ma beneficia di regole create ad hoc per le sue industrie. Il governo, dal canto suo, bilancia tra promuovere l’innovazione e limitare il potere di un singolo imprenditore. Il caso Twitter/X è emblematico: l’acquisto della piattaforma ha sollevato interrogativi su concentrazione di potere mediatico e ruolo nelle elezioni.
5. Implicazioni per la Democrazia: Meritocrazia o Oligarchia?
Il “nuovo lobbying” di Musk solleva questioni etiche:
- Trasparenza: Le trattative avvengono spesso in pubblico (tweet) o in incontri non ufficiali, sfuggendo ai registri tradizionali.
- Concentrazione di potere: Un singolo individuo influisce su clima, spazio e informazione, scavalcando meccanismi democratici.
Tuttavia, c’è chi difende questo modello come “meritocratico”: se un’azienda risolve problemi globali (es. emissioni), meriterebbe un dialogo privilegiato con lo Stato.
Un Modello Replicabile?
Elon Musk rappresenta un caso unico, ma il suo approccio indica una tendenza: il futuro del lobbying sarà plasmato da imprenditori-tech che legano il successo commerciale a obiettivi geopolitici. La sfida per le istituzioni è regolare questo potere senza soffocare l’innovazione. In un’era di crisi climatiche e competizione spaziale, il confine tra interesse pubblico e privato diventa sempre più labile, e Musk ne è l’archetipo.
Umanesimo Digitale sotto Pressione? L’Etica al Banco di Prova 🤔
Come umanista digitale, non posso fare a meno di interrogare il rapporto tra queste dinamiche di lobbying sempre più sofisticate e i valori fondamentali che dovrebbero guidare lo sviluppo tecnologico …. Se le politiche sull’AI vengono plasmate principalmente da interessi aziendali, con una scarsa trasparenza, non rischiamo forse di minare quell’approccio centrato sull’uomo che l’umanesimo digitale pone al suo centro? …. La privacy, il bias algoritmico, le implicazioni etiche dell’AI: sono tutti temi che rischiano di essere sacrificati sull’altare del profitto e della competitività, se non vigiliamo e non pretendiamo regole chiare e trasparenti .
Un Appello alla Responsabilità: Trasparenza Ora! 📢
Credo fermamente che sia giunto il momento di agire. Italia e Spagna non possono più permettersi di rimanere le Cenerentole d’Europa in tema di regolamentazione del lobbying. Abbiamo bisogno di leggi nazionali che garantiscano la trasparenza, che definiscano chiaramente i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è …. Solo così potremo sfruttare i benefici informativi del lobbying, mitigando al contempo il rischio che interessi particolari prevalgano sul bene comune .
È una battaglia per la democrazia, per la trasparenza, per un futuro digitale che sia davvero al servizio dell’umanità . Non possiamo rimanere inerti mentre le lobby, potenziate dalla potenza dell’intelligenza artificiale e da budget colossali, plasmano il nostro futuro senza che noi, i cittadini, ne siamo pienamente consapevoli.
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Conclusione: L’AI tra Potenziamento del Lobbying e Oggetto di una Corsa all’Influenza
L’intelligenza artificiale rappresenta un duplice volto nel contesto del lobbying contemporaneo. Da un lato, potenzia strumentalmente le attività di influenza politica, offrendo alle aziende tecnologie avanzate per analizzare dati, prevedere tendenze legislative e personalizzare messaggi persuasivi verso decisori e opinione pubblica. Strumenti come il machine learning per il microtargeting, l’automazione di campagne di comunicazione o l’analisi predittiva delle policy trasformano il lobbying in un processo iper-efficiente, capace di modellare il dibattito pubblico con precisione senza precedenti.
Dall’altro, l’AI è l’oggetto stesso di un lobbying esasperato, poiché le grandi corporation tecnologiche investono miliardi nello sviluppo di algoritmi, infrastrutture cloud e applicazioni militari o civili. Questi investimenti generano una pressione sistematica sui governi per:
- Regolazioni favorevoli, come norme antitrust deboli, standard etici non vincolanti o agevolazioni fiscali per la ricerca.
- Finanziamenti pubblici, tramite contratti governativi (es. AI per la difesa o la sanità) o fondi per l’innovazione.
- Controllo degli standard globali, per garantire che le piattaforme occidentali (OpenAI, Google, Meta) dominino la governance dell’AI rispetto a competitor cinesi o europei.
Questo dualismo crea un circolo vizioso di potere: le stesse aziende che usano l’AI per influenzare le istituzioni sono quelle che chiedono di plasmare le regole dell’AI, rischiando di cristallizzare monopoli tecnologici. Il caso dei modelli linguistici come ChatGPT, sviluppati da entità private ma utilizzati per scopi pubblici (istruzione, informazione), mostra quanto il confine tra interesse collettivo e profitto sia labile.
Le implicazioni etiche e democratiche sono profonde:
- Opacità algoritmica: le decisioni basate su AI sono spesso incomprensibili ai legislatori, rendendo il lobbying un gioco asimmetrico.
- Concentrazione di risorse: solo le Big Tech hanno i capitali per competere nella corsa all’AI, marginalizzando piccoli attori e accademici.
- Rischio di cattura regulatoria: se le norme sull’AI sono scritte su misura per chi le sviluppa, il concetto stesso di “benessere pubblico” viene svuotato.
Tuttavia, l’AI potrebbe anche diventare un alleato per equilibrare questi squilibri, ad esempio attraverso piattaforme open-source che democratizzano l’accesso agli strumenti o algoritmi di trasparenza che monitorano i flussi di influenza. La sfida per governi e società civile è definire regole chiare che distinguano tra innovazione legittima e manipolazione oligarchica. Senza un controllo democratico, l’AI rischia di trasformarsi non solo in un’arma per il lobbying, ma nel campo di battaglia stesso dove si decide chi avrà il potere di plasmare il futuro.
L’Eco Antico delle Lobby nell’Era dell’Intelligenza Artificiale
- Il termine “lobby” deriva dalle anticamere del Parlamento inglese del ‘700, dove i rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di intercettare i parlamentari per perorare le proprie cause
- Negli Stati Uniti, il diritto al lobbying è implicitamente riconosciuto dal Primo Emendamento della Costituzione, che garantisce “il diritto di petizione al governo per la riparazione dei torti”
- Fin dalle origini, questa pratica ha sollevato preoccupazioni sul rischio che interessi particolari potessero prevalere sul bene comune
- Analisi dei dati: L’AI può analizzare enormi quantità di informazioni per identificare tendenze legislative, posizioni dei decisori politici e potenziali alleati o oppositori
- Monitoraggio in tempo reale: Algoritmi sofisticati possono monitorare 24/7 i dibattiti parlamentari, le dichiarazioni pubbliche e le attività sui social media dei legislatori
- Previsione dei voti: Modelli predittivi possono stimare le probabilità di approvazione di specifiche normative e identificare i “voti oscillanti”
- Personalizzazione della comunicazione: L’AI può adattare i messaggi di lobbying in base ai profili e alle preferenze dei singoli decisori politici
- Nell’Unione Europea, 612 aziende, gruppi e associazioni esercitano pressioni sulle politiche dell’economia digitale, con una spesa complessiva annuale superiore ai 97 milioni di euro
- Dieci aziende da sole rappresentano un terzo della spesa totale delle lobby tecnologiche, spendendo collettivamente più di 32 milioni di euro (tra queste: Vodafone, Qualcomm, Intel, IBM, Amazon, Huawei, Apple, Microsoft, Facebook e Google)
- OpenAI ha quasi settuplicato le proprie spese di lobbying, arrivando a 1,76 milioni di dollari nel 2024
- Microsoft ha investito 15 milioni di euro in Mistral, una startup europea di AI, suscitando preoccupazioni tra i regolatori
- Google, dal 2010, è l’azienda che impiega più risorse nel lobbying tecnologico
- Accesso diretto ai decisori: Funzionari di alto livello della Commissione Europea hanno tenuto 271 riunioni con rappresentanti del settore, e il 75% di queste è stato con lobbisti delle Big Tech, con Google e Facebook a guidare il gruppo
- Partecipazione a gruppi di esperti: Posizionamento strategico in comitati consultivi e gruppi di esperti che contribuiscono alla formulazione delle politiche
- Reclutamento di ex funzionari pubblici: Assunzione di persone con esperienza diretta nei corridoi del potere politico (esempio: Meghan Dorn, ex collaboratrice del senatore Lindsey Graham, assunta da OpenAI)
- “Lobbying indiretto” attraverso terze parti: Finanziamento di think tank, associazioni e gruppi di ricerca che promuovono posizioni favorevoli
- Sottovalutazione del proprio potere di mercato: Strategia identificata per Google, che tende a “nascondere il proprio potere di mercato per evitare controlli”
- È uno dei due soli paesi in Europa (insieme alla Spagna) a non avere una regolamentazione nazionale completa sulle attività di lobbying
- Manca un registro pubblico dei lobbisti obbligatorio e gestito da un’autorità indipendente
- Non esiste l’obbligo per i parlamentari di dichiarare i propri incontri con i lobbisti
- Alcuni tentativi di regolamentazione sono stati fatti a livello regionale (Calabria, Emilia-Romagna, Molise), ma in modo frammentario e con attuazione non uniforme
Rischi per l’umanesimo digitale
- Predominio degli interessi aziendali nella definizione delle politiche sull’AI
- Potenziale sacrificio di valori come privacy e equità sull’altare del profitto
- Minor attenzione al bias algoritmico e alle implicazioni etiche
- Concentrazione del potere tecnologico in poche mani
- Mancanza di trasparenza nei processi decisionali
Possibili soluzioni
- Regolamentazione nazionale completa del lobbying
- Registro pubblico obbligatorio dei lobbisti
- Obbligo di dichiarazione degli incontri per i decisori politici
- Maggiore rappresentanza della società civile nei processi decisionali
- Approccio all’AI centrato sull’uomo e sui diritti fondamentali
- Regolamentazione nazionale completa: Italia e Spagna devono adottare quadri normativi nazionali che definiscano chiaramente i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è
- Registri pubblici obbligatori: Creazione di registri dei lobbisti gestiti da autorità indipendenti, con informazioni su clienti, obiettivi e risorse impiegate
- Agenda pubblica degli incontri: Obbligo per i decisori politici di dichiarare pubblicamente i propri incontri con i rappresentanti di interessi
- Tracciabilità dei finanziamenti: Maggiore trasparenza sui finanziamenti delle aziende tecnologiche a think tank, ONG e altri gruppi di influenza
- Codici di condotta: Definizione di standard etici chiari per l’attività di lobbying
- Rappresentanza equilibrata: Garantire che le consultazioni pubbliche includano una varietà di stakeholder, non solo le aziende con maggiori risorse
- Valutazioni d’impatto: Richiesta di valutazioni indipendenti sull’impatto sociale ed etico delle normative sull’AI
Da informatico a cercatore di senso