L’Immortale Luigi Di Maio: Cronache di un Sopravvissuto della Politica Italiana

L'Immortale Luigi Di Maio


Ovvero: Come Non Fare Assolutamente Nulla
e Vivere Felicemente di Cariche Istituzionali

Permettetemi di presentarvi l’uomo che ha trasformato l’inettitudine in una forma d’arte, l’incompetenza in un curriculum vitae, il vuoto pneumatico in una carriera stellare. Luigi Di Maio non è semplicemente un politico: è un fenomeno sociologico, un esperimento antropologico vivente, la prova provata che in Italia il merito è sopravvalutato e la faccia tosta sottovalutata.


Il Genio del Nulla

Guardatelo bene, questo miracolo ambulante della resilienza italiana. Due università tentate, zero lauree conseguite. Ma chi ha bisogno di una laurea quando hai il dono supremo dell’essere al posto giusto nel momento giusto? Chi necessita di competenze quando possiedi il talento innato di galleggiare come un salvagente politico nell’oceano tempestoso della Repubblica?

La sua ascesa è un capolavoro di fisica applicata alla politica: con qualche centinaio di voti è riuscito a sfidare la legge di gravità istituzionale, levitando verso le vette del potere con una leggerezza che farebbe invidia a un astronauta. Vicepremier, vicepresidente della Camera, ministro per ben due volte. Due volte, signori miei! Come se una non bastasse già a dimostrare che viviamo in un paese dove il paradosso è la norma.

L’Arte Zen del Non Fare

Ma ecco dove Di Maio si rivela un vero maestro, un guru dell’esistenzialismo politico: quando la politica italiana lo ha scaraventato fuori dalla porta principale, lui non si è demoralizzato. No, sarebbe stato banale. Avrebbe potuto fare quello che farebbe qualsiasi persona normale: studiare, formarsi, acquisire competenze, capire finalmente cosa diavolo sta succedendo nel mondo.

Invece no. Ha perseverato nel suo non fare niente con una coerenza che rasenta la santità laica. E sapete cosa è successo? L’universo, in tutta la sua ironica magnanimità, lo ha premiato. Come un Buddha della politica che ha raggiunto l’illuminazione attraverso il vuoto assoluto, eccolo nominato rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico.

Golfo Persico! Quella regione dove si intrecciano geopolitica petrolifera, conflitti millenari, equilibri strategici che richiederebbero un background da Henry Kissinger. E noi chi mandiamo? L’uomo che ha cambiato due università senza finirne nemmeno una. È come mandare uno che non sa nuotare a salvare i naufraghi. Ma funziona, dannazione, funziona!

La Promozione dell’Assurdo

E non è finita, perché tra qualche mese questo prodigio della sopravvivenza istituzionale diventerà coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente. Avete capito bene: PACE IN MEDIO ORIENTE. Quella pace che sfugge ai più brillanti diplomatici da settant’anni, quel nodo gordiano che nessuno è riuscito a sciogliere, quel rompicapo che fa venire l’emicrania ai premi Nobel.

Ma chi meglio di Di Maio può affrontarla? Un uomo che non ha mai detto una parola fuori posto perché, diciamocelo, non ha mai detto praticamente nulla di sostanziale. Mai una polemica, mai un’ombra di conflitto. È l’immobilismo fatto persona, la staticità elevata a strategia politica. In un mondo che urla, lui tace. In un’epoca di protagonisti, lui è un fantasma sorridente.

Il Grande Equivoco della Povertà

C’è stato un momento, uno solo, in cui Di Maio si è lasciato andare a un’affermazione audace: “Abbiamo abolito la povertà”. Ricordate? Quel lampo di hybris che illuminò per un attimo il suo percorso di grigia mediocrità. Tutti lo presero per pazzo, per un visionario delirante, per un politico che aveva perso il contatto con la realtà.

Ma io vi dico: lo avevamo semplicemente frainteso. Non stava parlando della povertà degli italiani, quella continua ad aumentare allegramente. Stava parlando della sua povertà. E quella sì, l’ha abolita magnificamente. Con stipendi europei, indennità internazionali, rimborsi onusiani. La sua povertà è stata effettivamente cancellata con un colpo di spugna istituzionale.

Lo Specchio dell’Italia

Ecco cosa mi fa rabbia e mi strappa un sorriso amaro allo stesso tempo: Di Maio è l’Italia in formato tascabile. È il riflesso perfetto di un paese dove il fallimento non è mai definitivo se hai le giuste connessioni, dove l’incompetenza può essere camuffata da esperienza, dove il curriculum più importante è quello delle amicizie, non delle competenze.

È l’Italia che premia la fedeltà sopra il merito, la presenza sopra la performance, l’esserci sopra il saper fare. È l’Italia dove puoi non finire due università e ritrovarti a negoziare con sceicchi e ayatollah. È l’Italia dove l’unica cosa che conta davvero è non dare fastidio, non creare problemi, essere una presenza rassicurante nel suo totale anonimato.

Il Trionfo del Mediocre

E sapete qual è la cosa più geniale? Funziona. Questa strategia del vuoto, questa filosofia del non fare onde, questo approccio zenista alla politica internazionale. Di Maio sopravvive, anzi prospera, mentre politici più preparati, più competenti, più meritevoli affondano nelle sabbie mobili della cronaca politica.

Perché? Perché ha capito la regola aurea della sopravvivenza istituzionale italiana: se non fai nulla, non puoi sbagliare. Se non prendi posizioni, non puoi essere attaccato. Se non hai idee, non possono essere criticate. È il trionfo del negativo, l’apoteosi dell’assenza, la vittoria del vuoto sul pieno.

La Lezione per Tutti Noi

Quindi cosa possiamo imparare da questo eroe nazionale dell’inadeguatezza premiata? Che in Italia il talento più importante non è quello che hai, ma quello che riesci a far credere di avere. Che la competenza può essere un fardello inutile se non hai la capacità di navigare i corridoi del potere. Che studiare, formarsi, prepararsi sono attività sopravvalutate quando puoi semplicemente… esserci.

Di Maio è la prova vivente che l’Italia è un paese dove l’apparenza conta più della sostanza, dove il curriculum vitae è carta straccia e il curriculum amicorum è oro colato. È la dimostrazione che possiamo mandare chiunque ovunque, tanto le cose andranno avanti lo stesso, con o senza competenze.

E mentre scrivo queste righe, immagino Di Maio nelle sue future riunioni ONU, seduto tra diplomatici che parlano sette lingue e hanno dottorati da Oxford e Harvard, che annuisce saggiamente senza dire nulla di compromettente, perfettamente a suo agio nella sua bolla di beata ignoranza protetta da privilegi istituzionali.

È l’Italia, bellezza. E tu non ci puoi fare niente. 🎪

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