Tecnofeudalesimo: Un Nuovo Sistema Economico che Minaccia la Democrazia

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TecnoFeudalesimo


Un pò di Storia che tutti dovrebbero conoscere

Il capitalismo delle piattaforme affonda le sue radici nella crisi del 2008, un periodo segnato dalla crisi del debito bancario – in gran parte generata dai mutui subprime, che costrinse gli Stati a salvare le banche trasferendo il debito dal settore privato a quello pubblico. Di fronte alla crescita esponenziale del debito, furono adottate politiche di austerity, tagli alla spesa pubblica e mantenimento di tassi di interesse bassi.
Queste misure spinsero gli investitori verso asset più redditizi, in particolare verso le azioni delle aziende del settore Big Tech. Il risultato fu un’alleanza strategica tra Wall Street e le Big Tech, che ha favorito l’ascesa delle piattaforme digitali come nuovi motori dell’economia. Sebbene le infrastrutture tecnologiche , come i data center e la rete Internet , esistessero da decenni, è proprio il contesto post-crisi che ha permesso l’emergere del capitalismo delle piattaforme, un modello basato sull’estrazione di rendita dai dati piuttosto che sul profitto derivante dalla produzione. Questo modello economico si distingue per la sua natura basata sull’estrazione di rendita dai dati, piuttosto che sul profitto tradizionale derivante dalla produzione.


Le piattaforme digitali non solo hanno rivoluzionato il modo in cui consumiamo e interagiamo, ma hanno anche ridefinito le dinamiche di mercato e le relazioni economiche, creando un nuovo paradigma in cui i dati diventano una risorsa fondamentale per la generazione di valore. In sintesi, il capitalismo delle piattaforme rappresenta una risposta diretta alle sfide economiche post-2008, trasformando le crisi in opportunità attraverso l’innovazione tecnologica e la ristrutturazione dei modelli economici tradizionali.

Le politiche di austerity adottate dopo la crisi del 2008 hanno creato un terreno fertile per l’ascesa delle piattaforme digitali attraverso tre meccanismi interdipendenti:

  • 1. Trasferimento del debito e riduzione degli investimenti pubblici
    • La crisi dei subprime e il salvataggio delle banche hanno spostato il debito dal settore privato a quello pubblico, innescando politiche di tagli alla spesa (sanità, istruzione, welfare) e contenimento del deficit. Questo ha ridotto la capacità degli Stati di investire in innovazione, lasciando spazio agli attori privati.
  • 2. Ricerca di rendite finanziarie alternative
    • Con i tassi d’interesse vicini allo zero e la contrazione degli investimenti tradizionali (-45% nel tech europeo nel 2023), i capitali si sono orientati verso asset ad alto rendimento. Le Big Tech, con modelli scalabili e bassi costi marginali, hanno attratto il 38% degli investimenti globali nel decennio post-crisi.
  • 3. Nuova alleanza Stato-Mercato-Tech
    • Le piattaforme hanno colmato il vuoto lasciato dal ritiro dello Stato sociale, offrendo servizi (dalla sharing economy all’e-commerce) in cambio di estrazione di dati. Questo “capitalismo della sorveglianza” ha ridefinito i rapporti di potere economico, concentrando risorse in pochi oligopoli.Il risultato è un paradosso: l’austerity, presentata come cura alla crisi, ha accelerato la finanziarizzazione dell’economia e la dipendenza da attori tech non sottoposti a logiche di interesse pubblico.

Inoltre le politiche di austerity hanno accelerato la finanziarizzazione dell’economia in vari modi:

  • 1. Ristrutturazione del ruolo dello Stato
    • Dopo la crisi del 2008, gli Stati hanno dovuto adottare misure di austerity per ridurre il debito pubblico. Questo ha portato a una ristrutturazione in cui il governo non si è più concentrato su spese per servizi pubblici, ma ha dato priorità al rimborso dei debiti. Di conseguenza, lo Stato ha iniziato a vendere beni pubblici e a emettere più obbligazioni per attrarre investitori, trasformando il debito pubblico in titoli di mercato.
  • 2. Maggiore dipendenza dai mercati finanziari
    • Le politiche di austerity hanno costretto i governi a cercare fondi nei mercati finanziari piuttosto che attraverso la tassazione o l’aumento della spesa pubblica. Questo ha portato a una crescente integrazione tra le politiche statali e le esigenze degli investitori, favorendo un ambiente in cui le decisioni politiche sono influenzate dagli interessi del mercato finanziario.
  • 3. Tagli alla spesa pubblica e privatizzazione
    • Con l’obiettivo di ridurre il deficit, molti governi hanno ridotto la spesa per servizi sociali e welfare, creando un vuoto che è stato colmato da attori privati e piattaforme digitali. Queste ultime hanno prosperato offrendo servizi in cambio di dati, contribuendo così alla finanziarizzazione dell’economia2.In sintesi, l’austerity ha trasformato il modo in cui gli Stati operano, aumentando la loro dipendenza dai mercati finanziari e favorendo un modello economico in cui il debito pubblico è diventato una merce da scambiare nei mercati, piuttosto che un mezzo per finanziare servizi pubblici essenziali.
Capitalismo delle Piattaforme
Capitalismo delle Piattaforme

2. Caratteristiche Fondamentali del Capitalismo delle Piattaforme

Il nuovo capitalismo si distingue per alcune peculiarità che lo differenziano nettamente dal capitalismo tradizionale:

a. Il Ruolo Centrale dei Dati

Invece di produrre beni o servizi, le piattaforme generano valore raccogliendo e analizzando dati. Ogni interazione degli utenti – dai like sui social network agli acquisti online – diventa una fonte di informazione che, una volta elaborata, si trasforma in rendita. Come evidenziato dagli studi di Srnicek, il dato diventa il nuovo “petrolio”: un bene grezzo che, grazie all’analisi algoritmica, si trasforma in informazione monetizzabile.

b. L’Infrastruttura Digitale Integrata

Le piattaforme sono composte da due elementi fondamentali: un lato hardware costituito da server, data center e infrastrutture di rete, e un lato software formato da algoritmi, codici e sistemi di intelligenza artificiale. Questo connubio permette alle piattaforme di funzionare ovunque, senza la necessità di una presenza fisica e di dipendenti numerosi, come si vede nei casi di Instagram o Facebook.

c. L’Economia della Rendita Cloud

Diversamente dal capitalismo tradizionale, che genera profitto attraverso la produzione, il capitalismo delle piattaforme si basa sull’estrazione di rendita – un guadagno derivante dall’uso continuativo e dalla monopolizzazione degli asset digitali. Le piattaforme, fungendo da feudi digitali, chiedono una “rendita” agli utenti o alle aziende che vi accedono, rendendo il loro modello estremamente lucrativo e difficile da contestare.

d. L’Effetto Network e la Spinta alla Totalità

Più utenti si uniscono a una piattaforma, maggiore diventa il suo valore: questo è l’effetto network. La competizione tra piattaforme porta a un’aspirazione a diventare “mondo unico”, ossia la super App che raccoglie in sé ogni servizio, dalla messaggistica, al pagamento, all’e-commerce, fino ai social network, rendendo indispensabile l’ecosistema stesso.

Capitalismo delle Piattaforme
Capitalismo delle Piattaforme

3. La Prospettiva del Tecnofeudalesimo e l’Alleanza con Wall Street

Un tema ricorrente nelle analisi critiche del capitalismo digitale è il concetto di tecnofeudalesimo, come evidenziato anche in alcuni video e dibattiti recenti. Quest’idea suggerisce che, analogamente ai feudatari medievali che esigevano tributi dai loro vassalli, oggi le Big Tech, grazie al loro monopolio sui dati e alla loro capacità di dominare il mercato, impongono una forma di “rendita digitale” ai lavoratori e agli utenti.
L’alleanza tra Wall Street e le Big Tech è centrale in questo processo: le aziende tecnologiche, quotate in borsa, attraggono capitali dai fondi pensionistici e da investitori privati, diventando pilastri della sicurezza finanziaria. Le operazioni di buyback, che aumentano il valore azionario, sono solo uno degli strumenti attraverso cui queste aziende consolidano il loro potere economico, a scapito di una produzione economica tradizionale.

Declino della Produzione di Valore: A differenza del capitalismo tradizionale, che si basa sulla produzione di beni e servizi, il tecnofeudalesimo si concentra sull'estrazione di valore dai dati e dai comportamenti degli utenti. Questo porta a un'economia meno dinamica e più incline alle crisi.
Il tecnofeudalesimo rappresenta quindi un cambiamento radicale rispetto al capitalismo tradizionale, con implicazioni significative per i lavoratori e l'economia globale. Mentre le Big Tech accumulano potere e risorse, i lavoratori affrontano nuove forme di sfruttamento e precarietà. Questo nuovo ordine economico solleva interrogativi su come si possa tornare a un sistema più equo e sostenibile.

Analogía con il Feudalesimo

  • Feudatari e Vassalli: Nel medioevo, i feudatari controllavano terre e risorse, esigendo tributi dai vassalli in cambio di protezione e accesso a queste risorse. Oggi, le Big Tech, come Google e Amazon, controllano enormi quantità di dati e piattaforme digitali, imponendo una sorta di “rendita digitale” agli utenti e ai lavoratori.
  • Rendita Digitale: Gli utenti forniscono dati e lavoro (spesso non retribuito) in cambio di servizi. Questo crea una dinamica dove le piattaforme estraggono valore dai comportamenti degli utenti, simile a come i feudatari estraevano risorse dai loro vassalli.

4. Implicazioni Sociali, Lavorative e Etiche

a. Il Lato Oscuro degli Algoritmi

L’intelligenza artificiale, pur offrendo efficienza e personalizzazione, comporta rischi significativi. Gli algoritmi, programmati per anticipare e influenzare i comportamenti, possono generare dipendenze digitali, comportamenti compulsivi e persino errori di profilazione che minacciano la privacy e i diritti umani. Esempi concreti includono la valutazione dei rider tramite punteggi algoritmici e i sistemi di riconoscimento facciale, i cui errori possono portare a conseguenze gravi, come evidenziato in vari casi giudiziari.

b. La Precarizzazione del Lavoro

Le piattaforme, per ridurre i costi, adottano modelli di lavoro “lean” che spostano il rischio sui lavoratori: Uber e Airbnb, per esempio, non assumono dipendenti in senso tradizionale, ma si affidano a collaboratori autonomi, creando una nuova forma di precarietà. La centralità dei dati fa sì che il vero valore economico si concentri nelle mani dei colossi digitali, mentre il lavoro vero e proprio si trasforma in un’attività marginale e spesso insicura.

c. Sfide alla Sovranità e alla Regolamentazione

L’assenza di piattaforme nazionali forti in Europa e la predominanza di aziende americane evidenziano una questione geopolitica cruciale: il controllo dei dati e della comunicazione è oggi sinonimo di sovranità. Se gli Stati non riescono a sviluppare proprie alternative, rischiano di dover dipendere da tecnologie estere, con tutte le implicazioni in termini di privacy, sicurezza e influenza politica.


5. Esempi Pratici e Casi di Studio

a. Rider e Lavoro Precario

Nel mondo del delivery, algoritmi spietati monitorano e penalizzano i lavoratori in tempo reale. La costante profilazione, basata su parametri come “affidabilità” e “partecipazione”, ha portato a situazioni tragiche, evidenziate anche nelle recenti sentenze dei tribunali italiani, dove il sistema algoritmico si dimostra spesso inumano e letale.

b. Social Network e Profilazione

Piattaforme come Facebook e Instagram non sono solo spazi di comunicazione: sono sistemi complessi che raccolgono enormi quantità di dati dagli utenti per creare profili dettagliati, utili a indirizzare la pubblicità e a generare rendite attraverso l’effetto network. Le dinamiche di pubblicità mirata esemplificano come il dato, trasformato in informazione, diventi la materia prima per il profitto.

c. La Super App e il Dominio Totale

Il modello della super App, già sperimentato in Cina con WeChat, rappresenta l’aspirazione finale delle piattaforme: creare un ecosistema in cui ogni aspetto della vita quotidiana, dalla messaggistica ai pagamenti, dalla prenotazione di viaggi all’intrattenimento, sia centralizzato in un’unica applicazione. Questo modello punta al monopolio, rendendo la piattaforma indispensabile e consolidando ulteriormente il suo potere economico e sociale.


6. Verso un Futuro Umanista: Proposte e Riflessioni Finali

Per invertire le derive del capitalismo delle piattaforme e mitigare gli effetti negativi di un sistema basato sull’estrazione di dati, è fondamentale:

  • Rafforzare la Regolamentazione: Iniziative come il Digital Services Act e il regolamento sull’IA devono essere implementate con rigore, imponendo trasparenza agli algoritmi e limiti all’uso dei dati personali.
  • Promuovere un’Imprenditoria Umanista: Sostenere modelli di impresa sociale e collaborativa che pongano al centro il benessere umano, anziché il mero profitto, e che favoriscano la redistribuzione della ricchezza.
  • Investire in Formazione e Cittadinanza Digitale: Educare cittadini e lavoratori affinché comprendano i meccanismi dei sistemi digitali, acquisendo competenze critiche per difendersi dagli abusi e per sfruttare le potenzialità dell’innovazione in modo sostenibile.
  • Sostenere la Sovranità Digitale Europea: Incentivare lo sviluppo di piattaforme locali e soluzioni tecnologiche autonome, in grado di garantire il controllo dei dati e la protezione dei diritti dei cittadini.

Autonomia Compromessa
Emancipazione
Aumento delle Disuguaglianze
Crescita Sostenibile
Capitalismo delle Piattaforme
Futuro Umanista
Bilanciare il Capitalismo delle Piattaforme con una Visione Umanista
Autonomia Compromessa
Emancipazione
Aumento delle Disuguaglianze
Crescita Sostenibile
Capitalismo delle Piattaforme
Futuro Umanista
Bilanciare il Capitalismo delle Piattaforme con una Visione Umanista

Conclusioni

Il Nuovo Capitalismo delle Piattaforme rappresenta una rivoluzione che va ben oltre il tradizionale modello produttivo: è un sistema che trasforma ogni interazione in una fonte di valore, basato sull’estrazione dei dati e sulla rendita digitale. L’alleanza tra le Big Tech e Wall Street, il predominio degli algoritmi e la trasformazione dei lavoratori in semplici “vassalli” digitali evidenziano le derive pericolose di questo modello, che rischia di accrescere le disuguaglianze e di minare la nostra autonomia.

Integrando le analisi di Nick Srnicek, le riflessioni sul tecnofeudalesimo e l’approfondita disamina delle dinamiche post-2008, appare chiaro che il futuro digitale dipende dalla nostra capacità di governare queste tecnologie con saggezza, etica e una visione umanista. Solo così potremo trasformare il capitalismo delle piattaforme da fonte di dipendenza e disuguaglianza in un’opportunità di crescita sostenibile e di emancipazione dei cittadini nel mondo digitale.


L’era delle piattaforme è qui: la sfida è governare il digitale con equilibrio, garantendo che l’innovazione serva l’uomo e non lo riduca a semplice dato, affinché il progresso tecnologico diventi uno strumento di emancipazione e non di oppressione.

Un po’ di Storia che Tutti Dovrebbero Conoscere

Come è nato il capitalismo delle piattaforme? 🤔
Dalla crisi del 2008, con il salvataggio delle banche e le politiche di austerity, che hanno spinto gli investimenti verso le Big Tech.
In che modo l’austerity ha favorito le piattaforme? 🤔
Riducendo gli investimenti pubblici, favorendo la ricerca di rendite finanziarie alternative e creando una nuova alleanza Stato-Mercato-Tech.

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