Il 12 dicembre il futuro dell’IA si decide senza l’Europa.

Mentre Bruxelles regolava, altri costruivano. La storia accelera.


Quando I Chip Valgono Più Delle Costituzioni:
La Geopolitica Invisibile Dell’IA

Esiste un momento nella storia in cui le alleanze si riacciottolano, i confini ideologici si spostano e il mondo si ritrova diviso non più su linee geografiche tradizionali ma su una nuova frattura ancora più profonda: quella della sovranità tecnologica nell’era dell’intelligenza artificiale. Il 12 dicembre 2025 sarà ricordato come uno di quei momenti, sebbene molti non se ne accorgeranno mentre accade. Mentre le luci di Bruxelles illuminano palazzi europei dove si discute ancora di regolamentazioni e compromessi burocratici, dall’altra parte del mondo, un’alleanza silenziosa e determinata sta scrivendo la storia del nuovo ordine geopolitico. Giappone, Israele, Corea del Sud, Singapore, Paesi Bassi, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti e Australia firmeranno un patto con gli Stati Uniti, un’intesa che suona come il rumore sordo di una porta che si chiude alle spalle dell’Europa.


USA, Giappone, Israele, Corea, UK e altri: un’alleanza che scrive le regole della supremazia tecnologica.

Non si tratta di una banale coalizione militare o di un accordo commerciale come tanti altri. Questo è il momento in cui il potere tecno-economico, che per decenni è stato il vero arbitro della geopolitica, viene formalizzato, codificato e reso tangibile attraverso catene di approvvigionamento globali dedicate alla produzione di tecnologie di intelligenza artificiale. È il momento in cui chi controlla i chip controlla il futuro, e chi controlla il futuro controlla il presente. Una verità così brutale e affascinante al contempo che non c’è spin comunicativo che possa coprirla completamente.

Ciò che rende questa alleanza particolarmente provocatoria, però, è la sua selettività geografica. L’Europa, quella che negli ultimi anni ha cercato di giocare un ruolo protagonistico nella regolamentazione dell’IA, che ha sfornato leggi, direttive e framework normativi come se fossero armi vincenti contro la competizione globale, si ritrova in larga misura esclusa da questo tavolo decisionale. Eppure, esattamente come accadde con la Brexit, anche in questa nuova realtà emerge una figura complessa: i Paesi Bassi sono dentro, mentre il resto del continente è fuori. E il Regno Unito, quella nazione che decise di abbandonare l’Unione europea con la promessa di recuperare sovranità, si ritrova ora non solo seduto al tavolo dei grandi, ma in una posizione di prestigio accanto all’alleato americano.

Mentre Bruxelles regolava, altri costruivano. La storia accelera. 

La provocazione è che l’Europa non è stata esclusa per mancanza di competenze tecniche o per assenza di risorse economiche, ma perché, fondamentalmente, non ha compreso la velocità con cui il gioco stava cambiando. Mentre Bruxelles discuteva di intelligenza artificiale “etica”, “responsabile” e “human-centric”, altri già staccavano cavi dalla presa, costruivano fabbriche, assicuravano materie prime e creavano corridoi logistici inarrestabili verso il futuro. La regolamentazione, bella e nobile come è, non produce semiconduttori né algoritmi vincenti. La sovranità tecnologica, invece, sì.

Pensiamo alla vertiginosa ascesa di Israele, ormai non più soltanto un attore militare e diplomatico ma un epicentro dell’innovazione tecnologica e militare che attrae investimenti da tutto il mondo. Pensiamo a Singapore, quella città-Stato che ha trasformato la propria piccolezza geografica in un vantaggio strategico, diventando un hub logistico ineguagliabile per i flussi di tecnologia e capitale. Pensiamo al Giappone e alla Corea del Sud, due nazioni che hanno costruito il loro nuovo potere esattamente sui semiconduttori e sui chip, diventando insostituibili nella filiera globale dell’elettronica. E poi gli Emirati Arabi Uniti, che con una visione quasi profetica hanno investito nella tecnologia intelligente sapendo che il petrolio, prima o poi, sarebbe stato dimenticato da qualche parte nei libri di storia.

I Paesi Bassi, dal canto loro, non sono stati inclusi nonostante una posizione geograficamente decentrata nel continente europeo. Sono stati inclusi perché ospitano ASML, l’azienda che produce le macchine litografiche più sofisticate al mondo, quelle stesse macchine senza cui nessuno può produrre chip di nuova generazione. È un dettaglio che parla di una profonda comprensione di come funziona veramente il potere nel XXI secolo: non è più questione di eserciti schierati lungo confini stabiliti, ma di chi controlla le tecnologie critiche, le infrastrutture essenziali e i colli di bottiglia della produzione globale.

L’Australia entra nell’alleanza non solo per la sua posizione geografica strategica nell’Indo-Pacifico, ma perché rappresenta anche un gateway verso risorse minerali fondamentali e un partner militare fedele. È una scelta che anticipa una realtà geopolitica nuova: l’asse del potere si sposta definitivamente verso est e verso il Pacifico, mentre l’Europa rischia di trasformarsi da giocatore principale a spettatore consenziente del proprio declino relativo.

E qui emerge l’introspettività della riflessione: è davvero una sorpresa tutto questo? O è la conclusione logica e inevitabile di una serie di scelte, di mancanze e di distrazioni accumulatesi negli ultimi quindici anni? L’Europa ha costruito il suo sistema di potere su pilastri che non reggono più: il consenso burocratico, il compromesso infinito, la ricerca di equilibrio tra ventisette attori diversi. Nel momento in cui il mondo ha bisogno di velocità, di decisioni, di investimenti concentrati e diretti, l’Europa rimane paralizzata dalle sue stesse virtù procedurali.

12 dicembre USA
12 dicembre USA

Non si tratta di pessimismo, ma di realismo introspettivo. È il momento di ammettere che la battaglia per la supremazia dell’IA non è una battaglia che si vince con i regolamenti europei, per quanti intelligenti possano essere. È una battaglia che si vince con i fab di semiconduttori pieni di ingegneri che lavorano notte e giorno per produrre i chip migliori al minor costo possibile. È una battaglia che si vince con legami geopolitici salidi, con corridoi di approvvigionamento blindati e con la capacità di coordinarsi velocemente quando è necessario.

Il vero colpo di genio di questa alleanza è che combina efficacemente tre elementi fondamentali della competizione contemporanea: garantisce la sovranità tecnologica ai suoi membri, crea vincoli di interdipendenza che mantengono tutti fedeli agli obiettivi comuni, e al contempo lascia poco spazio ai paesi europei di giocare un ruolo autonomo nel settore più dirompente degli ultimi decenni. È una forma di potere che non ha bisogno di colpi di stato, di occupazioni militari o di ricatti palesi. È il potere invisibile di chi controlla i flussi di innovazione e li canalizza verso obiettivi precisi.

La provocazione finale è che mentre l’Europa discute ancora di come regolamentare l’IA, l’alleanza tecnologica mondiale avrà già deciso chi produce il prossimo round di tecnologie, come sono distribuite le capacità computazionali globali, e soprattutto, chi rimane indietro. E nel frattempo, Bruxelles continuerà a scrivere nuove direttive ritenendo di essere protagonista della storia, mentre in realtà ne è diventata una nota a margine.

Questa non è una vittoria di qualcuno in particolare. È la semplice constatazione di un nuovo ordine mondiale dove la tecnologia, non la democrazia, non la diplomazia classica, ma la fredda e oggettiva capacità di produrre il bene più prezioso del ventunesimo secolo: gli algoritmi intelligenti, le infrastrutture computazionali, i semiconduttori di prossima generazione. L’Europa rimane una potenza economica impressionante, ma ha perso la lotta per il futuro nel momento stesso in cui decideva di regolamentarlo anziché costruirlo.

Citazione tematica empatica e riassuntiva:
“Nel nuovo mondo dell’intelligenza artificiale, non conta quante belle regole scrivi, ma quanti chip riesci a produrre e quanti alleati hai intorno quando la storia accelera.”

FAQ – Alleanza Tecnologica 12 Dicembre 2025

❓ Domande Frequenti – Alleanza Tecnologica Globale

Cos’è esattamente questa alleanza del 12 dicembre e perché è così importante?

L’alleanza del 12 dicembre 2025 è un patto formale tra USA, Giappone, Israele, Corea del Sud, Singapore, Paesi Bassi, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti e Australia, con l’obiettivo di garantire la sovranità tecnologica e controllare le catene di approvvigionamento globali per la produzione di tecnologie di intelligenza artificiale. È importante perché determina chi controlla il futuro della tecnologia IA, e quindi chi ha potere decisionale sul futuro politico ed economico globale.

Perché l’Europa è esclusa da questa alleanza mentre il Regno Unito (ex-UE) è incluso?

L’Europa è esclusa principalmente perché ha adottato un approccio regolamentare piuttosto che costruttivo all’IA. Mentre Bruxelles scriveva direttive e norme, altri costruivano infrastrutture e stringevano alleanze. Il Regno Unito, dopo la Brexit, ha adottato una strategia più orientata all’innovazione veloce e agli investimenti tecnologici diretti, allineandosi perfettamente con gli obiettivi USA di questa alleanza. La velocità decisionale del Regno Unito è risultata più appetibile rispetto al consenso burocratico europeo.

Qual è il ruolo specifico dei Paesi Bassi in questa alleanza?

I Paesi Bassi giocano un ruolo strategicamente fondamentale perché ospitano ASML, l’azienda che produce le macchine litografiche più sofisticate al mondo. Queste macchine sono insostituibili per la produzione di chip di nuova generazione. I Paesi Bassi rimangono dentro l’UE ma hanno scelto di allinearsi a questa alleanza perché comprendono che il vero potere risiede nel controllo delle tecnologie critiche della filiera produttiva globale.

Quali saranno le conseguenze economiche per l’Europa a lungo termine?

Le conseguenze potranno essere significative: ridotta capacità di influenzare gli standard globali dell’IA, minore accesso a tecnologie critiche, possibile marginalizzazione nella ricerca IA di frontiera, e una progressiva perdita di sovranità tecnologica. L’Europa rischia di trasformarsi da player principale a consumatore di tecnologie decise altrove. Nel medio-lungo termine, questo potrebbe impattare competitività economica, sicurezza nazionale e capacità di innovazione indigena.

L’Europa può ancora recuperare in questa competizione tecnologica globale?

Teoricamente sì, ma richiede un cambio radicale di approccio: velocità decisionale superiore, investimenti massicci e concentrati (non distribuiti tra 27 paesi), semplificazione burocratica, e alleanze strategiche con attori extra-UE. L’Europa mantiene risorse economiche significative e talento scientifico, ma deve passare da una logica di regolamentazione a una di costruzione attiva. Il tempo sta però diventando il fattore critico: più aspetta, più difficile sarà recuperare il terreno perduto.

Il 12 dicembre il futuro dell'IA si decide senza l'Europa. USA, Giappone, Israele, Corea, UK e altri: un'alleanza che scrive le regole della supremazia tecnologica. Mentre Bruxelles regolava, altri costruivano. La storia accelera.
Il 12 dicembre il futuro dell’IA si decide senza l’Europa. USA, Giappone, Israele, Corea, UK e altri: un’alleanza che scrive le regole della supremazia tecnologica. Mentre Bruxelles regolava, altri costruivano. La storia accelera.

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