Hai bisogno di una versione PDF dell’articolo per una lettura più comoda o per conservarne una copia? Clicca sul link sottostante per scaricare il PDF direttamente sul tuo dispositivo.
Scarica l’articolo in PDF (ITA)Do you need a PDF version of the article for easier reading or to keep a copy? Click the link below to download the PDF directly to your device.
Download Article as PDF (ENG)
Dalla parte dell’AI e dell’educazione inclusiva: un viaggio per cambiare le nostre scuole.
Immaginate un mondo dove i bambini di sei anni non si limitano a colorare con pastelli, ma si avvicinano ai segreti dell’intelligenza artificiale, come piccoli esploratori in un colossale viaggio verso il futuro. Già li vedo, intenti a porre domande curiose ai chatbot, a immaginare l’etica della tecnologia che li circonda e a delineare i confini di un mondo digitale che sta crescendo insieme a loro. È un quadro che ispira, un balzo in avanti che mette nelle loro mani le chiavi per decifrare l’alieno linguaggio del futuro: il codice, l’algoritmo, il pensiero computazionale.
La Cina ha già lanciato questa astronave, insegnando ai suoi piccoli pionieri almeno otto ore di IA ogni anno. Otto ore… sembrano poche? Non sono tanto le ore che contano, quanto il segnale che tutto questo rappresenta. È un crescendo, un’onda che si sta espandendo in tutto il mondo, dall’Estonia al Regno Unito, dal Canada alla Corea del Sud e gli Stati Uniti, dove l’IA è già entrata nelle classi e nei corridoi delle scuole. E noi? Noi possiamo solo ammirare o finalmente salire su quella nave?

Educazione Civica Digitale: una missione per costruire cittadini del domani.
La proposta di Ghiglia di introdurre l’Educazione Civica Digitale come materia obbligatoria nelle scuole mi fa battere il cuore. E come umanista digitale, con lo spirito rivolto sempre al centro dell’umano e alla profondità del digitale, sento questa missione nel sangue. Non si tratta solo di insegnare ai bambini cosa sia un computer o come inviare un’email – sarebbe riduttivo. Si tratta di insegnare loro una nuova lingua, quella universale del digitale, uno strumento che li renderà generazioni non solo connesse, ma illuminate.
Pensate alle infinite possibilità!
Nelle classi potremmo spiegare come proteggersi dalle insidie del web e dal cyberbullismo, come riconoscere le fake news che popolano le nostre timeline, e come utilizzare l’intelligenza artificiale con etica e responsabilità. Immaginate bambini che crescono consapevoli del loro ruolo nel grande ecosistema digitale, cittadini che, già da piccoli, comprendono il potenziale (e il rischio) delle tecnologie che li circondano. Non sarebbe questo il miglior investimento che possiamo fare? Non è proprio questa la nostra vera eredità per le generazioni future?
Noi siamo il ponte tra il vecchio mondo e quello nuovo. Il cambiamento chiama, non possiamo chiudere gli occhi.
Certo, la tecnofobia è una bestia che dobbiamo affrontare e domare. Come possiamo chiedere ai nostri insegnanti di adottare strumenti innovativi se spesso su di loro grava la paura di sbagliare, di non capire, di trovarsi persi in un territorio inesplorato? Ecco perché non possiamo saltare un passaggio cruciale: formare chi forma. Dare agli insegnanti il coraggio di esplorare queste nuove frontiere, fornendo loro strumenti, creatività, supporto e, soprattutto, fiducia. Perché il digitale non deve essere visto come un mondo estraneo, ma come un nuovo terreno su cui crescere.

E se rimanere fermi fosse il nostro peggior errore?
Giustamente Ghiglia insiste: “Restare fermi non si può.” È diventato un mantra, un grido di battaglia per chi crede che il progresso non aspetti, per chi capisce che l’immobilismo può trasformare i nostri bambini nei “retrostanti” della storia. Attenzione: non si tratta di correre a testa bassa, ignorando i rischi e le precauzioni. Serve progettazione. Serve un piano. Serve mettere l’umanità al centro di tutto, come ci invita a riflettere l’ONU.
L’umanista digitale al fianco dell’innovatore tecnologico.
In questo viaggio verso il futuro, sento una profonda sintonia con Ghiglia. Lui, un autentico pioniere dell’innovazione, e io, un umanista digitale radicato nell’essenza delle grandi narrazioni umane, siamo alleati in una battaglia che ha il sapore della sfida umana per eccellenza: quella di crescere senza mai perdere la nostra identità. Insegnare tecnologia non è solo una questione di competenza: è un atto di fiducia nel potere immenso della conoscenza, una promessa di evoluzione, un segno di speranza.
Se non ora, quando? La domanda non ha più bisogno di risposta.
Abbracciamo questa rivoluzione digitale con coraggio. Costruiamo oggi una scuola che insegna non solo a capire il presente, ma anche a immaginare il futuro. Non facciamoci cogliere impreparati. Come Ghiglia, io credo che sia il momento di fare. Creiamo pionieri, visionari, cittadini digitali consapevoli. Perché il futuro attende, e noi non possiamo deluderlo.

Se non ora, quando? La domanda non ha più bisogno di risposta.
Da informatico a cercatore di senso