1. Livello generale di preparazione delle aziende
- A livello globale, solo il 4% delle aziende ha raggiunto un livello di preparazione maturo contro le minacce informatiche, con un incremento minimo di appena l’1% rispetto all’anno precedente.
- L’Italia si conferma tra i Paesi più arretrati, a causa di infrastrutture troppo frammentate, bassa consapevolezza sui rischi legati all’intelligenza artificiale (IA) e budget troppo ridotti per la cybersecurity.(Cybersecurity360)
2. Incidenti e rischi legati all’Intelligenza Artificiale
- Nell’ultimo anno, l’82% delle imprese italiane ha subito incidenti di sicurezza legati all’utilizzo dell’IA.
- Il 77% delle aziende italiane utilizza l’IA per il rilevamento delle minacce, il 60% per la risposta e il 62% per il ripristino post-incidente.
- Solo il 38% delle organizzazioni italiane ritiene che i propri dipendenti siano pienamente consapevoli delle minacce legate all’IA (contro il 49% della media globale).
- Il 30% degli intervistati dichiara che il proprio team conosca le tecniche con cui i cybercriminali sfruttano l’IA per attacchi mirati (48% a livello globale).
- L’80% dei team IT italiani non sa con esattezza come i dipendenti usano la GenAI, con un fenomeno in crescita definito “shadow intelligence”.
- Il 68% delle aziende italiane non è in grado di rilevare l’uso di IA non autorizzate, note come Shadow AI.(Cybersecurity360)
3. Frammentazione infrastrutturale e complessità degli strumenti
- Nel 2024 il 39% delle aziende italiane ha subito attacchi informatici a causa della frammentazione delle infrastrutture di sicurezza e della eterogeneità delle soluzioni (49% a livello globale).
- Il 26% delle aziende utilizza tra 11 e 20 soluzioni differenti nel proprio stack di cybersecurity, il 19% addirittura tra 21 e 30.
- Questa complessità peggiora la visibilità centralizzata, aumenta la probabilità di errori umani e rallenta la risposta agli attacchi.(Cybersecurity360)
4. Impatto del lavoro ibrido
- L’80% delle aziende italiane percepisce un aumento dei rischi per la sicurezza a causa dell’adozione del lavoro ibrido, soprattutto per l’utilizzo di dispositivi non gestiti da parte dei dipendenti.
- Nonostante l’aggiornamento pianificato delle infrastrutture IT nel 98% dei casi, solo il 9% delle imprese dedica più del 20% del proprio budget IT alla cybersecurity, rimanendo insufficiente per affrontare le minacce crescenti.(Cybersecurity360)
5. Sfida critica: carenza di professionisti qualificati
- L’83% degli intervistati in Italia evidenzia una grave carenza di professionisti qualificati nel settore della sicurezza informatica.
- Oltre la metà delle aziende dichiara di avere più di dieci posizioni aperte in ambito cybersecurity, un chiaro segnale di uno skill shortage che limita la capacità di risposta e aggiornamento.(Cybersecurity360)
Riepilogo
Aspetto | Dato Italia | Dato Globale |
---|---|---|
Aziende con preparazione matura | 4% (stabile) | 4% |
Incidenti sicurezza con AI (ultimo anno) | 82% | – |
Uso AI in sicurezza: rilevamento | 77% | – |
Uso AI in sicurezza: risposta | 60% | – |
Uso AI in sicurezza: ripristino | 62% | – |
Consapevolezza dipendenti sui rischi AI | 38% | 49% |
Team che conoscono le tecniche criminali | 30% | 48% |
Team IT ignora l’uso di GenAI da dipendenti | 80% | – |
Incapacità di rilevare Shadow AI | 68% | – |
Aziende colpite da attacchi per frammentazione | 39% | 49% |
Aumento rischio per lavoro ibrido | 80% | – |
Aziende con più del 20% budget cyber security | 9% | – |
Aziende con skill shortage grave | 83% | – |
Questi dati disegnano un quadro allarmante: l’Italia è indietro, con molte aziende vulnerabili soprattutto per la scarsa preparazione, bassa consapevolezza sull’impatto dell’IA, infrastrutture disomogenee e un forte gap di competenze specializzate. Serve un cambio di passo urgente e investimenti più mirati per evitare di rimanere vittime di attacchi sempre più sofisticati.(Cybersecurity360)
Repetita……..
Il nemico invisibile dentro casa (e noi che non ce ne accorgiamo)
Se ti dico “AI” cosa ti viene in mente? Innovazione, automazione, magari qualche chatbot che ti risponde super veloce? Giusto! Ma c’è un rovescio della medaglia che fa davvero paura. L’intelligenza artificiale oggi non è solo lo scudo delle aziende, è anche un’arma nelle mani di chi vuole spaccare tutto: i cybercriminali.
Quindi, secondo il Cybersecurity Readiness Index 2025 di Cisco, più della metà delle aziende italiane (esatto, il 51%) teme che in meno di due anni potrebbe trovarsi ko per un attacco cyber legato proprio all’IA. Ma sai qual è la parte più inquietante? La vulnerabilità non sta tanto nella tecnologia stessa, quanto nella sua gestione scollata, nelle falle delle competenze e nella scarsa consapevolezza di chi avrebbe dovuto metterla al sicuro.

Colpa della “AI ombra”: gli strumenti non regolamentati che ci fanno perdere il controllo
Da questa indagine emerge chiaramente, come abbiamo visto nei numeri in precedenza, quanto nelle aziende italiane si stia diffondendo un fenomeno pazzesco chiamato “AI ombra”. Che roba è? Semplice: sono quei tool di intelligenza artificiale usati da dipendenti senza nessun controllo, senza nessuna regola, spesso senza che i responsabili della sicurezza ne sappiano nulla.
Ti ricordo due numeri che sono roba da brividi:
- l’80% dei responsabili sicurezza non sa nemmeno quali AI stiano usando i colleghi;
- il 68% non ha idea di come scovare software non autorizzati in circolazione;
- e se da un lato il 77% usa l’AI per scovare minacce, solo il 60% la sfrutta per rispondere efficacemente e appena il 62% per ripristinare i sistemi in caso di problemi.
In poche parole: siamo nelle mani di “AI selvagge” che lavorano sotto traccia mentre gli attacchi si fanno sempre più veloci e sofisticati.
La crisi delle competenze: quando non trovi chi ti salva la pelle
Contestualmente risulta più che evidente quanto tu sia in errore se pensi che il problema sia solo tecnologico. Il più grande tallone d’Achille della cybersecurity italiana è la mancanza di professionisti preparati, o meglio: la loro scarsità pesante come un macigno.
L’83% delle aziende ha segnalato questa carenza come una sfida ostica da superare, e più della metà ha più di 10 posti vacanti nel team sicurezza, figure che non paiono facili da trovare. Ma non parliamo solo di tecnici puri; servono persone che sappiano anche valutare l’uso dell’IA per questioni di privacy, affidabilità e tutela dei dati, altrimenti si rischia di lasciare porte spalancate senza nemmeno accorgersene.
Il grande fraintendimento: paura dei nemici esterni ma i problemi sono dentro casa
Qui forse si nasconde il vero paradosso italiano. Il 66% dei manager teme attacchi esterni, magari orchestrati da gruppi criminali sponsorizzati da stati, mentre solo il 34% ha il timore che i problemi arrivino dall’interno dell’azienda. E invece, proprio dentro casa spesso si nascondono le vulnerabilità più insidiose: comportamenti inconsapevoli, ignoranza sulle minacce AI, mancanza di formazione.
È come avere una porta blindata e lasciarla aperta consapevolmente a chiunque passi per il corridoio.
La cultura della sicurezza digitale non è un optional, è il futuro
La trasformazione digitale è una rivoluzione che non lascia scampo: o la abbracci nella sua interezza, compresa la sicurezza, oppure rischi di venir travolto. E la sicurezza, oggi, non si compra con un semplice software o con una spesa stratosferica, ma si costruisce prima di tutto nella testa e nel comportamento delle persone che lavorano in azienda.
Conoscere le minacce, formarsi continuamente, capire come funziona l’intelligenza artificiale è la vera chiave per non farsi sorprendere. Perché purtroppo, la nuova guerra cibernetica è già iniziata. E in questa partita, giocare con il fianco scoperto vuol dire perdere prima ancora di cominciare.
Il tempo stringe, l’Italia deve agire ora
Non facciamoci illusioni: la sfida è dura, ma non impossibile. Serve un cambio di mentalità radicale, investimenti mirati, una strategia integrata che unisca tecnologia, persone e cultura. L’AI può essere la nostra migliore alleata o il nostro peggior nemico, dipende da come la gestiamo.
E allora, a tutti noi che viviamo questo tempo di rapidi cambiamenti, dico: è ora di svegliarsi, di smettere di giocare con il fuoco e iniziare a costruire una sicurezza digitale solida, inclusiva e preparata. Perché la vera difesa comincia dentro di noi, prima che dall’esterno.
Se questo articolo ti ha fatto riflettere, beh, è già un piccolo passo verso un’Italia un po’ meno vulnerabile e molto più pronta ad affrontare questa nuova guerra invisibile che ci circonda ogni giorno.
Da informatico a cercatore di senso