Ma ora, l’aria è densa di un nuovo, inaudito cambiamento. E questa volta, la rivoluzione non avrà uno schermo.
Immaginate un oggetto così discreto da sparire, eppure così potente da connettervi al mondo in modi che finora abbiamo solo sognato. Questo è il cuore pulsante dell’ambizioso progetto nato dalla fusione di due menti geniali: Sam Altman, il visionario dietro l’intelligenza artificiale di ChatGPT, e Jony Ive, il maestro del design che ha plasmato l’estetica di Apple per decenni, l’uomo che ha dato un’anima all’iPhone stesso. Un’unione da 6,5 miliardi di dollari, la più grande acquisizione mai fatta da OpenAI, che non è un’operazione finanziaria, ma il Big Bang di una nuova categoria: i “dispositivi AI-native”.
OLTRE L’IPHONE
Il loro primo nato? Un piccolo portachiavi, un oggetto che potete tenere in tasca, sul tavolo, o agganciare discretamente al vostro laptop. Senza display. Senza pulsanti evidenti. Dotato di sensi finissimi – audio, movimento – e una “consapevolezza contestuale” sorprendente. Riconosce dove siete, chi vi circonda, la vostra agenda, le vostre abitudini. Non è un telefono, non sono occhiali smart, e non è un pin da giacca. È qualcosa di radicalmente nuovo, un ponte invisibile tra il vostro mondo fisico e il cloud infinito dell’intelligenza di GPT-5 e oltre.
Immaginate di fare una domanda, e di ricevere la risposta sussurrata nel vostro auricolare, o udibile solo a voi tramite uno speaker direzionale. Senza dover sollevare il telefono, senza mai distogliere lo sguardo dal mondo reale. Il mantra è chiaro: meno schermi, più naturalezza. La tecnologia non deve essere indossata, deve dissolversi, diventare una parte organica della vostra esperienza.
Nasce il “Non-Telefono” di Altman e Ive
L’ambizione è titanica: lanciare questo gioiello già entro la fine del 2026, con una produzione di massa prevista per il 2027, puntando a spedire 100 milioni di unità più velocemente di qualsiasi altro gadget nella storia. Per mettere le cose in prospettiva, all’iPhone ci vollero 30 mesi per raggiungere quel traguardo. Se l’adozione esploderà, si stima che questo potrebbe aggiungere un trilione di dollari di valore a OpenAI.
Ma la strada è irta di sfide. La storia recente è costellata di tentativi falliti di “rivoluzionare” l’hardware AI: dispositivi troppo costosi, che si surriscaldano, o con software incompleto. L’AI Pin di Human e il Rabbit R1 sono moniti tangibili. Persino il meraviglioso ma costoso Apple Vision Pro ha faticato a decollare. La lezione è chiara: non basta l’IA radicale; servono utilità quotidiana, prezzo accessibile e zero attriti.
OpenAI e Ive hanno imparato. La loro visione combina la velocità locale di chip NPU su misura per risposte istantanee offline, con la super-intelligenza del cloud per le domande più complesse. Aggiungete a questo un design così raffinato da essere quasi invisibile, e una “Privacy by Design” che elabora i dati sensibili sul dispositivo per rassicurare gli utenti. Il vantaggio innegabile di OpenAI risiede nella supremazia del suo modello GPT (oggi 4O, domani 5), affinato da miliardi di query a settimana e sostenuto da un ecosistema di decine di migliaia di sviluppatori. E non dimentichiamo che ChatGPT è già, per il grande pubblico, sinonimo di intelligenza artificiale.
Eppure, le incognite restano: la gestione del calore e della batteria in un oggetto così piccolo ma potente, il prezzo (se supererà i 500 dollari, l’adozione di massa potrebbe rallentare), la paura della sorveglianza per un microfono sempre attivo che dovrà offrire garanzie cristalline e un interruttore fisico d’emergenza. E poi, i tempi: trasformare un prototipo in 100 milioni di pezzi in 24 mesi è una vera corsa contro il tempo.
E Venderà 100 Milioni di Unità Più Velocemente di Tutti.
Ma se ci riusciranno, se estetica e intelligenza si fonderanno in questo gadget quasi invisibile, assisteremo a una transizione senza precedenti. Lo smartphone, re indiscusso delle nostre tasche, potrebbe perdere il suo scettro, proprio come l’iPod soppiantò il Walkman. Avremo micro-assistenti in casa, in auto, nei nostri vestiti, tutti sincronizzati con il nostro profilo GPT, in un nuovo modello ibrido “Edge-Cloud”.
È una scommessa ambiziosa, la più grande per comprendere cosa cerchiamo davvero dall’intelligenza artificiale nella nostra vita quotidiana. Nei prossimi mesi, i primi sussurri di dettagli tecnici e prototipi cominceranno a trapelare, svelandoci il futuro. Il futuro, questa volta, arriva senza display. E forse, finalmente, ci restituirà qualcosa di ancora più prezioso: il nostro sguardo sul mondo.
Da informatico a cercatore di senso