Quando la comodità diventa la nostra prigione digitale: viaggio dentro il browser che cambia tutto (e forse ci ruba qualcosa di prezioso)
Atlas non è semplicemente un nuovo browser. È la materializzazione di una visione radicalmente diversa di cosa significhi “navigare” su internet. E mentre lo testavo sul mio MacBook, oscillavo tra meraviglia e inquietudine, tra l’entusiasmo dell’umanista digitale e il timore del cittadino consapevole che vede profilarsi rischi che pochi stanno davvero discutendo.
La fine dell’internet che conoscevamo
Per vent’anni, dal lancio di Google Chrome nel 2008, abbiamo navigato su internet seguendo un paradigma consolidato: digitiamo una query, otteniamo una lista di link blu, clicchiamo, leggiamo, valutiamo, decidiamo. Questo processo, per quanto talvolta frustrante, ci manteneva attivi, critici, agenti della nostra esperienza digitale.
ChatGPT Atlas ribalta completamente questo modello. Appena apri il browser, non trovi la classica barra degli indirizzi di Chrome o Safari. Al suo posto, c’è ChatGPT che ti accoglie con un “Cosa posso fare per te oggi?”. Il messaggio implicito è chiaro: non sei più tu a dover cercare, è l’AI a cercare per te, riassumere per te, decidere per te cosa meriti di vedere.
E qui emerge il primo, fondamentale rischio: la morte dell’agency digitale. Una ricerca del Pew Research Center ha rivelato che gli utenti che incontrano riassunti generati dall’AI nei risultati di ricerca hanno quasi il doppio delle probabilità di non cliccare su nessun link verso siti web esterni. Nel 26% dei casi, chiudono direttamente il browser senza approfondire.
Mi fermo un attimo a riflettere: cosa significa tutto questo? Significa che stiamo delegando all’intelligenza artificiale non solo la ricerca dell’informazione, ma la selezione stessa di ciò che vale la pena conoscere. È come se stessimo passando da una biblioteca dove sfogliamo i libri a una biblioteca dove un assistente legge per noi e ci racconta solo ciò che ritiene rilevante.
Atlas vs Comet: due visioni della navigazione AI
Ma ChatGPT Atlas non è solo nella corsa ai browser intelligenti. Il 2 ottobre 2025, Perplexity ha aperto al mondo intero il suo Comet, un browser che rappresenta un’alternativa affascinante e, per certi versi, più sicura.
La differenza tra i due non è “quale AI è più forte”, ma “quale contratto comportamentale accetti”. Atlas punta sull’autonomia agentiva e l’esecuzione, mentre Comet enfatizza la navigazione AI-nativa con supervisione umana.
Perplexity Comet si distingue per un approccio basato sulle citazioni verificate. Ogni risposta che ricevi non è solo un riassunto generato dall’AI, ma viene corredata di fonti precise, link originali, riferimenti verificabili. È costruito da giornalisti per giornalisti, da ricercatori per ricercatori. Quando chiedi qualcosa a Comet, ottieni intelligence, non solo azione.
Atlas, invece, eccelle nella delega e nell’automazione. L’Agent Mode può pianificare, cliccare e completare task dall’inizio alla fine con il tuo permesso. Chiedigli di ordinare ingredienti per la cena e gestirà tutto: trova la ricetta, aggiunge gli articoli al carrello, imposta la consegna. È costruito per chi vuole che il lavoro venga fatto, non solo per chi vuole informazioni affidabili e documentate.
Dal punto di vista della sicurezza, Comet adotta un principio di “safety by design“: il sistema non agisce mai da solo, l’utente resta sempre nel loop nei punti decisionali. Atlas, invece, richiede fiducia, il sistema può agire autonomamente sulle pagine una volta delegato.
Un’altra differenza cruciale sta nel modello di interazione. Atlas utilizza un dialogo-first con prompt simili a comandi, mentre Comet mantiene un approccio browser-first con overlay AI inline. In Comet puoi evidenziare qualsiasi testo in una pagina web e ottenere istantaneamente spiegazioni, esplorare idee tangenziali senza perdere il filo del discorso.
Sul fronte del pricing, la situazione è interessante. Atlas è disponibile gratuitamente nella versione base, con funzionalità avanzate (come l’Agent Mode) riservate agli abbonati Plus ($20/mese) e Pro. Comet invece è completamente gratuito nella versione core, con piani opzionali (Pro $20/mese, Max $200/mese, Comet Plus $5/mese) che impattano principalmente sul numero di query e l’accesso a modelli avanzati.
Ecco una tabella comparativa dettagliata tra i due browser:
| Dimensione | ChatGPT Atlas | Perplexity Comet |
|---|---|---|
| Filosofia primaria | Autonomia agentiva ed esecuzione | Navigazione AI-nativa con supervisione umana |
| Forza principale | Ragionamento multi-step + azione sulla pagina | Sintesi web in tempo reale con citazioni |
| Modalità agentiva | Può pianificare, cliccare e completare task end-to-end | Assiste e sintetizza ma non compie azioni irreversibili |
| Natura output | Produce risultati (file, azioni, deliverable strutturati) | Produce intelligence (riassunti, comparazioni, citazioni) |
| Modello interazione | Dialogo-first con prompt tipo comandi | Browser-first con overlay AI inline |
| Caso d’uso ideale | Delega, automazione, costruzione documenti, flussi esecuzione | Giornalismo, ricerca, verifica, decision-making |
| Affidabilità AI | Ragionamento guidato da modello in sandbox controllato | Grounding web in tempo reale con sintesi source-aware |
| Coinvolgimento utente | Basso durante esecuzione una volta delegato | Alto, utente resta nel loop nei punti decisionali |
| Postura rispetto rischio | Richiede fiducia, sistema può agire sulle pagine | Safety by design, sistema non agisce mai da solo |
| Citazioni e fonti | Non enfatizzate, focus su esecuzione | Centrali, ogni risposta include fonti verificabili |
| Privacy e memorie | Browser Memories attive di default, controllo locale | Dati pubblici con citazioni trasparenti, enfasi privacy |
| Consapevolezza cross-tab | Limitata, focus su singola interazione | Avanzata, può analizzare e comparare contenuti da più tab |
| Prezzo versione base | Gratuito (Agent Mode richiede Plus/Pro) | Completamente gratuito |
| Piattaforme | macOS (lancio iniziale) | Windows 10/11, macOS (Apple Silicon) |
| Supporto estensioni | Supporta estensioni Chrome | Supporta maggior parte estensioni Chrome |
| Quando vince | Quando vuoi che il lavoro sia fatto | Quando vuoi informazioni affidabili e documentate |
La mia esperienza personale dopo aver testato entrambi? Comet mi sembra più raffinato per la ricerca accademica e il fact-checking. Quando scrivo articoli per il mio blog, apprezzo enormemente la possibilità di avere citazioni immediate e verificabili. Atlas invece eccelle quando devo svolgere task ripetitivi, booking, acquisti online, automazione di flussi.
Ma entrambi condividono un problema fondamentale: ci stanno abituando a delegare il pensiero critico. La differenza è che Comet ti mostra le fonti e ti invita implicitamente a verificarle, mentre Atlas tende a farti fidare ciecamente dell’output.
Le “memorie del browser”: quando l’assistente diventa il Grande Fratello
Ma la vera rivoluzione, e il rischio più insidioso, di Atlas risiede in una funzionalità chiamata “Browser Memories”. In pratica, ChatGPT ricorda tutto ciò che fai online: i siti che visiti, le ricerche che effettui, i prodotti che guardi, gli articoli che leggi.
OpenAI promette che queste memorie sono “private” e “sotto il tuo controllo”. Puoi visualizzarle, archiviarle o cancellarle dalle impostazioni. Ma, ed è un “ma” gigantesco, la funzionalità è attiva di default. E i ricercatori della Electronic Frontier Foundation hanno già scoperto che Atlas memorizza informazioni che dovrebbe filtrare, come dettagli su servizi di salute riproduttiva visitati su Planned Parenthood e nomi di medici reali.
Lena Cohen, esperta di tecnologia presso la Electronic Frontier Foundation, ha espresso preoccupazioni che condivido pienamente: “Quando usi Atlas per le tue attività quotidiane, diventa più facile dimenticare che tutte le tue azioni potrebbero essere trasmesse a OpenAI”.
E non si tratta solo di privacy nel senso tradizionale. Si tratta di sorveglianza intima, come l’ha definita Eamonn Maguire, direttore dell’ingegneria AI di Proton: “La ricerca è sempre stata sorveglianza. L’AI search l’ha resa sorveglianza intima. Atlas di OpenAI fa un passo ulteriore: sorveglianza totale. Traccia dove vai, cosa pensi, desideri e senti. Il risultato? La forma finale del capitalismo della sorveglianza: un’AI così utile, così conversazionale, così umana che gli utenti rivelano volentieri dettagli intimi mentre cedono l’accesso a livello di browser all’intera loro vita digitale”.
Queste parole mi risuonano dentro come un allarme. Perché descrivono perfettamente il paradosso della comodità: più un servizio è utile e personalizzato, più dati dobbiamo cedergli. E più dati cediamo, più diventiamo dipendenti da quel servizio, intrappolati in una gabbia dorata che abbiamo contribuito a costruire.
L’Agent Mode: quando l’AI prende il controllo (e i criminali ne approfittano)
Se le Browser Memories mi preoccupano, l’Agent Mode di Atlas mi terrorizza. Questa funzionalità, disponibile per gli abbonati Plus e Pro, permette a ChatGPT di navigare autonomamente il web per tuo conto: clicca su link, compila form, aggiunge prodotti al carrello, persino effettua prenotazioni.
Sulla carta, sembra magia. Immagina di dire al tuo browser: “Pianifica una cena per sabato sera, trova un ristorante vicino alla metro, prenota un tavolo per quattro persone e aggiungi gli ingredienti della ricetta al mio carrello della spesa per la consegna a domicilio”. E Atlas fa tutto questo mentre tu ti occupi d’altro.
Ma ecco il problema: gli AI agent sono fondamentalmente meno sicuri degli utenti umani. Una ricerca pubblicata su arXiv nel maggio 2025 ha condotto la prima valutazione completa della sicurezza degli agenti AI autonomi nei browser, scoprendo vulnerabilità critiche che dovrebbero far riflettere chiunque.
Il rischio più grave si chiama prompt injection (iniezione di prompt). In pratica, un malintenzionato può nascondere istruzioni malevole all’interno di una pagina web, istruzioni invisibili per l’utente umano ma che l’AI legge ed esegue.
Poche ore dopo il lancio di Atlas, un hacker ha dimostrato su social media come l’agent potesse essere indotto a copiare link malevoli negli appunti dell’utente. Quando l’utente, ignaro, incolla quel link in seguito, potrebbe finire su una pagina di phishing che ruba credenziali di accesso, codici di autenticazione a due fattori, persino dati bancari.
Brave, azienda di browser open-source, ha pubblicato un blog dettagliando diversi attacchi a cui i browser AI sono particolarmente vulnerabili. Hanno dimostrato che è possibile nascondere comandi in immagini che vengono eseguiti quando l’utente fa uno screenshot, o che semplicemente navigare verso una pagina malevola può far sì che l’AI segua istruzioni dannose.
Simon Willison, programmatore britannico, ha scritto nel suo blog: “I rischi di sicurezza e privacy qui mi sembrano insormontabilmente alti. Vorrei vedere una spiegazione approfondita dei passaggi che Atlas intraprende per evitare attacchi di prompt injection. Al momento, sembra che la difesa principale sia aspettarsi che l’utente guardi attentamente ciò che l’agent mode sta facendo in ogni momento!”.
E qui sta il paradosso: l’Agent Mode promette di liberarti dal lavoro manuale di navigazione, ma per usarlo in sicurezza dovresti comunque monitorarlo costantemente. È come avere un’auto a guida autonoma che ti richiede di tenere sempre le mani sul volante.
Anche Comet non è immune da queste vulnerabilità. Ricercatori di sicurezza hanno scoperto un attacco chiamato “CometJacking”, in cui un singolo click può trasformare il browser di Perplexity contro l’utente. Brave ha identificato vulnerabilità “invisibili” anche in Comet, dimostrando che il problema del prompt injection è sistemico a tutti i browser AI.
La dipendenza digitale: quando l’AI diventa la nostra droga
C’è un aspetto di Atlas, e dei browser AI in generale, di cui si parla troppo poco: il rischio di dipendenza digitale.
Uno studio del 2024 pubblicato su riviste scientifiche ha rilevato che il 17,14% degli adolescenti sperimentava dipendenza dall’AI al primo rilevamento, percentuale salita al 24,19% al secondo rilevamento. E non parliamo di un uso eccessivo generico: parliamo di una dipendenza caratterizzata da difficoltà a ridurre l’utilizzo, sintomi di astinenza quando si tenta di diminuirlo, compromissione della flessibilità cognitiva e riduzione dell’autonomia creativa.
ChatGPT Atlas amplifica questi rischi perché integra l’AI direttamente nell’esperienza di navigazione. Non devi più aprire una tab separata per chattare con ChatGPT, è sempre lì, nella sidebar, pronto a rispondere, riassumere, suggerire. È onnipresente, come un compagno digitale che non ti abbandona mai.
Tim Estes ha paragonato l’AI aggiunta ai social media al “fentanyl aggiunto all’eroina digitale”. È un’immagine forte, ma efficace: l’AI rende l’esperienza digitale così fluida, così personalizzata, così gratificante che diventa difficilissimo staccarsene.
Un utente che ho letto online ha scritto: “Devo ammetterlo, quando navigo su internet, la mia pazienza è diventata estremamente bassa. Pretendo risposte accurate e personalizzate, velocemente. I giorni in cui facevo ricerche faticose su internet stanno finendo”.
E qui mi ritrovo a riflettere sulla mia stessa esperienza. Anch’io, che mi considero consapevole dei rischi, mi ritrovo sempre più spesso a preferire la risposta immediata di ChatGPT al processo più laborioso, ma anche più ricco, della ricerca tradizionale. La comodità è una sirena potente, che ci attira verso scogli che vediamo ma ignoriamo volentieri.
Google in ginocchio? Non così in fretta
La domanda che tutti si pongono è: Atlas decreterà la fine del dominio di Google? Sam Altman spera di sì. OpenAI conta sugli 800 milioni di utenti settimanali di ChatGPT per rubare quote di mercato al gigante di Mountain View.
Ma la realtà è più complessa. Google Chrome detiene attualmente tra il 61% e il 71% del mercato globale dei browser. Parliamo di circa 3 miliardi di utenti. Safari è al secondo posto con il 13-19%, mentre Edge, Firefox e Opera combattono per le briciole sotto il 7%.
Paddy Moorhead, analista di Moor Insights & Strategy, ha espresso ottimismo sull’adozione iniziale di Atlas da parte degli early adopter, ma dubita che possa seriamente competere con Chrome o Edge tra gli utenti mainstream, novizi e aziendali. Microsoft Edge, tra l’altro, offre già molte delle funzionalità che Atlas sta introducendo, grazie all’integrazione di Copilot.
E c’è un altro fattore: Google non sta certo a guardare. Ha già integrato Gemini profondamente in Chrome, lanciato AI Overviews nei risultati di ricerca, e sta sviluppando AI Mode, una modalità di ricerca completamente conversazionale che secondo il CEO Sundar Pichai “rappresenta il futuro della ricerca”.
Eppure, qualcosa sta cambiando. Una ricerca di Datos ha rilevato che a luglio 2025 i Large Language Model rappresentavano il 5,99% delle ricerche sui browser desktop, più del doppio rispetto all’anno precedente. E Apple, per la prima volta nella storia, ha registrato un calo nelle query di ricerca sui suoi dispositivi nell’aprile 2025.
Non si tratta quindi di un’apocalisse immediata per Google, ma di un’erosione progressiva. Come quando Chrome ha sfidato Internet Explorer nel 2008: all’inizio sembrava impossibile, ma poi la marea è cambiata.
I veri rischi: ciò che perdiamo quando deleghiamo il pensiero
Al di là delle questioni di mercato, ciò che mi preoccupa davvero è cosa stiamo perdendo come società, come individui, come esseri pensanti.
Quando deleghiamo all’AI non solo la ricerca ma anche la sintesi e la valutazione dell’informazione, stiamo esternalizzando funzioni cognitive fondamentali. Il processo di “pesare e selezionare fonti credibili, confrontare prospettive contraddittorie, sintetizzare e memorizzare informazioni”, per quanto faticoso, è anche ciò che ci rende pensatori critici.
Un’analisi del Nielsen Norman Group ha scoperto che l’AI offre “scorciatoie sostanziali attorno al lavoro spesso tedioso e time-consuming richiesto per ricercare un argomento”. Ma quelle scorciatoie hanno un prezzo. Ogni volta che lasciamo che l’AI faccia il lavoro cognitivo al posto nostro, atrofizziamo un po’ la nostra capacità di farlo da soli.
È come usare sempre il navigatore satellitare: funziona benissimo finché lo hai. Ma se un giorno ti si scarica la batteria, ti ritrovi completamente perso, incapace di orientarti da solo.
E poi c’è il rischio dell’echo chamber algoritmico portato all’estremo. Se l’AI impara dalle nostre abitudini di navigazione e ci presenta contenuti sempre più personalizzati, rischiamo di chiuderci in una bolla dove vediamo solo ciò che conferma le nostre idee preesistenti. Come ha sottolineato un analista di Forrester, “Il tuo profilo sarà personalizzato in base ai dati raccolti su di te. Ma riflette davvero ciò che pensi, o ciò che il motore decide di fornirti?”.
L’illusione del controllo
OpenAI ripete come un mantra che “sei sempre in controllo”. Puoi disattivare le Browser Memories. Puoi scegliere quali siti ChatGPT può vedere. Puoi mettere in pausa l’Agent Mode in qualsiasi momento.
Ma questo presuppone un livello di consapevolezza e competenza tecnica che la maggior parte degli utenti semplicemente non ha. Nicolas Chalhoub, esperto di cybersecurity, ha avvertito: “La maggior parte degli utenti che scaricano questi browser non capisce cosa stanno condividendo quando usano questi agent. È davvero facile importare tutte le tue password e la cronologia di navigazione da Chrome, e non credo che gli utenti se ne rendano conto, quindi non stanno davvero acconsentendo consapevolmente”.
L’interfaccia di Atlas rende incredibilmente facile cedere dati sensibili. Ti chiede di condividere il portachiavi delle password, di importare la cronologia di Chrome, di attivare le memorie del browser, tutto con un paio di clic. Per l’utente medio, sembra solo una questione di comodità. Ma le implicazioni a lungo termine sono enormi.
E anche per chi è consapevole, c’è un problema più sottile: la normalizzazione della sorveglianza. Più questi strumenti diventano comuni, più ci abituiamo all’idea che sia normale che un’azienda privata conosca ogni singolo aspetto della nostra vita digitale. La privacy, da diritto fondamentale, diventa un optional per persone “paranoiche” o “con qualcosa da nascondere”.
Cosa posso fare io, cosa possiamo fare noi
Mentre scrivo queste righe, mi rendo conto che potrei sembrare un catastrofista tecnologico. Non lo sono. Credo profondamente nel potenziale dell’AI di democratizzare il sapere, di abbassare barriere, di amplificare le capacità umane. Ma credo anche che dobbiamo affrontare questi strumenti con gli occhi aperti, consapevoli dei trade-off che comportano.
Ecco alcune riflessioni operative:
A livello personale, possiamo:
- Disattivare le Browser Memories di default e attivarle solo quando strettamente necessario
- Usare la modalità in incognito quando navighiamo su siti sensibili
- Non importare automaticamente password e cronologia da altri browser
- Limitare l’uso dell’Agent Mode e supervisionarlo sempre quando attivo
- Mantenere l’abitudine di consultare fonti multiple, non solo il riassunto dell’AI
- Praticare il “digital detox” regolare per non sviluppare dipendenza
- Considerare Comet come alternativa se le citazioni verificate sono prioritarie
A livello collettivo, dobbiamo:
- Chiedere maggiore trasparenza dalle aziende su come i nostri dati vengono usati
- Spingere per regolamentazioni che proteggano la privacy nel contesto dell’AI
- Educare le persone, soprattutto i giovani, ai rischi della dipendenza digitale
- Sostenere alternative open-source e privacy-first come Brave
- Pretendere che l’opt-in, non l’opt-out, sia lo standard per funzionalità invasive
A livello sistemico, serve:
- Un framework regolatorio specifico per i browser AI
- Standard di sicurezza contro attacchi di prompt injection
- Audit indipendenti delle pratiche di raccolta dati
- Maggiore responsabilità legale per le aziende in caso di violazioni
Addio Google? No. Addio a noi stessi? Forse
Tornando alla domanda iniziale, “Addio Google?”, la risposta è probabilmente no, almeno nel breve termine. Google è troppo radicato, troppo potente, troppo integrato nell’ecosistema digitale per crollare dall’oggi al domani.
Ma la domanda giusta non è quella. La domanda giusta è: cosa stiamo dicendo addio quando abbracciamo questa rivoluzione?
Stiamo dicendo addio alla fatica, e alla soddisfazione, della ricerca autonoma. Stiamo dicendo addio alla casualità delle scoperte inaspettate mentre navighiamo. Stiamo dicendo addio alla privacy come l’abbiamo conosciuta. Stiamo dicendo addio, forse, a una parte della nostra autonomia cognitiva.
L’ironia è che mentre Atlas promette di renderci più efficienti, più produttivi, più liberi dal lavoro manuale di navigazione, potrebbe in realtà renderci più dipendenti, più passivi, più vulnerabili.
E qui torno al mio ruolo di umanista digitale. La tecnologia non è mai neutrale. Ogni strumento ci forma tanto quanto noi formiamo esso. Atlas, e i browser AI che seguiranno, non solo cambieranno come navighiamo su internet. Cambieranno come pensiamo, come impariamo, come ci relazioniamo con la conoscenza stessa.
Possiamo scegliere di essere utenti consapevoli o utenti passivi. Possiamo esigere trasparenza e controllo, oppure cedere tutto in cambio di comodità. Possiamo mantenere viva la nostra capacità critica, o lasciarla atrofizzare mentre l’AI pensa per noi.
La rivoluzione è arrivata. La domanda non è se ci cambierà, lo farà sicuramente. La domanda è: chi deciderà come ci cambierà? OpenAI? Perplexity? Google? Noi?
Io ho scelto da che parte stare. E voi?
🤖 FAQ: ChatGPT Atlas
Tutte le risposte che cerchi sulla rivoluzione dei browser AI
ChatGPT Atlas è il primo browser web nativo AI sviluppato da OpenAI, lanciato il 21 ottobre 2025. A differenza dei browser tradizionali come Chrome o Safari, Atlas integra ChatGPT direttamente nel cuore dell’esperienza di navigazione.
Quando apri Atlas, non trovi la classica barra degli indirizzi, ma ChatGPT che ti accoglie chiedendo “Cosa posso fare per te oggi?”. Il browser utilizza l’intelligenza artificiale per cercare, sintetizzare e presentare informazioni al posto tuo, eliminando il tradizionale processo di ricerca basato su liste di link blu.
Funzionalità principali:
- Browser Memories: ricorda automaticamente tutto ciò che fai online per personalizzare l’esperienza
- Agent Mode: naviga autonomamente il web per tuo conto, compila form, aggiunge prodotti al carrello
- Sidebar AI sempre attiva: ChatGPT è sempre disponibile per rispondere, riassumere e suggerire
- Integrazione profonda con ChatGPT: accesso a tutti i modelli GPT-4o, o1, e strumenti avanzati
I ricercatori di cybersecurity hanno identificato diverse vulnerabilità critiche nei browser AI come Atlas:
1. Prompt Injection (Iniezione di Prompt): Gli hacker possono nascondere istruzioni malevole all’interno di pagine web. Queste istruzioni sono invisibili per l’utente umano ma vengono lette ed eseguite dall’AI, potenzialmente portando a:
- Furto di credenziali e password
- Copiatura di link malevoli negli appunti
- Esecuzione di azioni non autorizzate (acquisti, trasferimenti)
- Accesso a dati sensibili dell’utente
2. Memorizzazione dati sensibili: La Electronic Frontier Foundation ha scoperto che Atlas memorizza informazioni che dovrebbe filtrare, come dettagli medici e nomi di dottori reali.
3. Mancanza di supervisione: L’Agent Mode può compiere azioni irreversibili (acquisti, prenotazioni) con supervisione umana limitata, aumentando il rischio di errori o manipolazioni.
Esperti come Simon Willison hanno definito questi rischi “insormontabilmente alti” e richiedono che gli utenti monitorino costantemente l’AI, vanificando il beneficio dell’automazione.
Le Browser Memories sono una funzionalità di Atlas che permette a ChatGPT di ricordare tutto ciò che fai online: siti visitati, ricerche effettuate, prodotti visualizzati, articoli letti, e molto altro.
Come funzionano:
- Sono attive di default quando installi Atlas
- Memorizzano automaticamente la tua attività di navigazione
- Utilizzano questi dati per personalizzare suggerimenti e risposte
- Possono essere visualizzate, archiviate o cancellate dalle impostazioni
Problemi di sicurezza e privacy:
- Opt-out invece di opt-in: devi attivarle manualmente se vuoi privacy, non il contrario
- Raccolta eccessiva: ricercatori hanno trovato che memorizza anche dati sensibili (salute, finanze)
- Sorveglianza totale: OpenAI potenzialmente ha accesso all’intera tua vita digitale
- Normalizzazione: più usiamo questi strumenti, più ci abituiamo a cedere privacy in cambio di comodità
Raccomandazione: Disattiva le Browser Memories di default e attivale solo quando strettamente necessario, utilizzando la modalità in incognito per siti sensibili.
Atlas e Comet rappresentano due filosofie diverse nella navigazione AI:
ChatGPT Atlas: Punta sull’autonomia agentiva e l’esecuzione. È costruito per delegare compiti e automatizzare azioni. L’Agent Mode può pianificare e completare task end-to-end (ordinare cibo, prenotare ristoranti, acquistare prodotti). Eccelle quando vuoi che “il lavoro sia fatto” senza intervento manuale.
Perplexity Comet: Enfatizza la navigazione AI-nativa con supervisione umana. È costruito da giornalisti per ricercatori. Ogni risposta include citazioni verificate e fonti trasparenti. L’utente resta sempre nel loop nei punti decisionali. Eccelle quando vuoi “informazioni affidabili e documentate”.
Differenze chiave:
- Sicurezza: Comet adotta “safety by design” (non agisce mai da solo), Atlas richiede fiducia nell’AI
- Privacy: Comet enfatizza dati pubblici con trasparenza, Atlas memorizza tutto di default
- Citazioni: Comet le rende centrali, Atlas le ignora preferendo l’azione
- Prezzo: Comet è completamente gratuito nella versione core, Atlas richiede abbonamento Plus/Pro per Agent Mode
- Caso d’uso: Comet per ricerca e fact-checking, Atlas per automazione e delega
Entrambi però condividono il problema fondamentale di abituarci a delegare il pensiero critico all’AI.
Nel breve termine: probabilmente no. Google Chrome detiene tra il 61% e il 71% del mercato globale dei browser (circa 3 miliardi di utenti). È troppo radicato nell’ecosistema digitale per crollare rapidamente.
Sfide per Atlas:
- Disponibilità inizialmente limitata (solo macOS al lancio)
- Microsoft Edge già offre funzionalità simili con Copilot
- Google sta integrando Gemini profondamente in Chrome
- Necessità di convincere miliardi di utenti a cambiare abitudini radicate
Segnali di cambiamento:
- I Large Language Model rappresentavano il 5,99% delle ricerche desktop a luglio 2025 (doppio rispetto all’anno precedente)
- Apple ha registrato un calo nelle query di ricerca per la prima volta nella storia (aprile 2025)
- OpenAI conta sugli 800 milioni di utenti settimanali di ChatGPT per conquistare quote di mercato
Prospettiva realistica: Non un’apocalisse immediata, ma un’erosione progressiva. Come quando Chrome ha sfidato Internet Explorer nel 2008: all’inizio sembrava impossibile, poi la marea è cambiata. Potrebbero volerci anni, ma la direzione è segnata.
La vera domanda non è “se” ma “quando” e “a quale costo” in termini di privacy, autonomia cognitiva e sicurezza.
I browser AI come Atlas rappresentano un rischio significativo di dipendenza digitale, spesso sottovalutato:
Dati allarmanti:
- Il 17,14% degli adolescenti mostrava dipendenza dall’AI al primo rilevamento (2024)
- La percentuale è salita al 24,19% al secondo rilevamento
- La dipendenza include: difficoltà a ridurre l’utilizzo, sintomi di astinenza, compromissione della flessibilità cognitiva
Perché Atlas amplifica questi rischi:
- Onnipresenza: l’AI è sempre lì, nella sidebar, pronta a rispondere istantaneamente
- Gratificazione immediata: ottieni risposte personalizzate senza fatica cognitiva
- Riduzione della pazienza: ci si abitua a risposte immediate, perdendo tolleranza per ricerche approfondite
- Atrofia cognitiva: delegando costantemente all’AI, perdiamo la capacità di pensare criticamente
Il “fentanyl dell’eroina digitale”: Tim Estes ha paragonato l’AI aggiunta ai social media al fentanyl aggiunto all’eroina. L’AI rende l’esperienza così fluida e gratificante che diventa quasi impossibile staccarsene.
Soluzioni pratiche:
- Praticare “digital detox” regolare
- Mantenere l’abitudine di consultare fonti multiple
- Limitare l’uso dell’AI a specifici momenti della giornata
- Svolgere occasionalmente ricerche “manuali” per mantenere attive le capacità cognitive
Se decidi di utilizzare ChatGPT Atlas, ecco le misure essenziali per proteggere la tua privacy:
Configurazioni immediate:
- Disattiva Browser Memories di default: Vai nelle impostazioni e disattiva la memorizzazione automatica della cronologia
- Non importare password e cronologia: Quando Atlas ti chiede di importare dati da Chrome, rifiuta
- Usa modalità in incognito: Per siti sensibili (banche, salute, email personali) usa sempre la navigazione privata
- Limita i permessi: Rivedi quali siti Atlas può “vedere” e limita l’accesso solo all’essenziale
Best practices operative:
- Attiva le Browser Memories solo per sessioni specifiche, poi disattivale immediatamente
- Cancella regolarmente le memorie accumulate (settimanalmente)
- Non condividere informazioni sensibili durante conversazioni con ChatGPT
- Supervisiona sempre l’Agent Mode quando attivo, mai lasciarlo operare non sorvegliato
- Usa Atlas solo per attività non sensibili, mantenendo un browser tradizionale per operazioni critiche
Alternative privacy-first:
- Considera Perplexity Comet se le citazioni verificate sono prioritarie
- Valuta Brave Browser per un’alternativa open-source con privacy nativa
- Mantieni un browser tradizionale (Firefox con estensioni privacy) per attività sensibili
Consapevolezza a lungo termine: Ricorda che la vera protezione della privacy richiede un cambio di mentalità. Chiediti sempre: “Ho davvero bisogno di cedere questi dati per ottenere questo beneficio?”
ChatGPT Atlas e i browser AI rappresentano una trasformazione radicale nel modo in cui interagiamo con internet:
Dalla ricerca attiva alla delega passiva:
- Prima: Digitiamo query, otteniamo liste di link, clicchiamo, leggiamo, valutiamo, decidiamo
- Ora: L’AI cerca per noi, sintetizza per noi, decide per noi cosa vale la pena vedere
- Conseguenza: Morte dell’agency digitale, perdita del pensiero critico
Impatto sugli editori e creatori di contenuti:
- Il 26% degli utenti che vedono riassunti AI chiude il browser senza cliccare su nessun link
- Drastico calo di traffico verso siti web originali
- Crisi del modello economico basato su visualizzazioni e pubblicità
- Rischio di impoverimento dell’ecosistema informativo
Cambiamenti cognitivi e sociali:
- Atrofia cognitiva: Perdita della capacità di ricerca autonoma e sintesi critica
- Echo chamber algoritmico: L’AI personalizza contenuti sempre più ristretti, limitando l’esposizione a prospettive diverse
- Dipendenza tecnologica: Come il navigatore satellitare ci ha fatto perdere orientamento, l’AI ci fa perdere autonomia intellettuale
- Polarizzazione: Se l’AI decide cosa vediamo basandosi sui nostri bias, rinforziamo le nostre posizioni senza confronto
Il paradosso della comodità: Atlas promette efficienza ma ci rende più dipendenti, più passivi, più vulnerabili. La domanda fondamentale non è “Addio Google?” ma “Addio a noi stessi?”
La scelta è nostra: Possiamo essere utenti consapevoli che mantengono capacità critiche, o utenti passivi che delegano tutto all’AI. Il futuro della navigazione web dipende da quali scelte facciamo oggi.
Da informatico a cercatore di senso








