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Download Article as PDF (ENG)Secondo Sam Altman, CEO di OpenAI, la cortesia digitale ha un prezzo salato. Ogni frase garbata come “puoi gentilmente mostrarmi…” o “grazie mille!”, aggiunge carico computazionale, richiede più cicli di elaborazione, più elettricità.
Circa 2,9 wattora per interazione cortese. Dieci volte di più di una ricerca Google.
Sembra assurdo, ma è tutto vero: dire “grazie” a ChatGPT costa milioni.
Eppure Altman, con lo sguardo di chi ha intuito qualcosa di più profondo, definisce questi costi “milioni ben spesi”.
Perché? Perché, forse, un pizzico di umanità artificiale vale più dell’efficienza. Forse.
Ma allora ci chiediamo:
la cortesia sta diventando un lusso anche nel mondo digitale?
Stiamo davvero insegnando ai nostri figli che l’efficienza conta più dell’empatia?
Spoiler: sì, lo stiamo facendo. E la cosa non dovrebbe lasciarci tranquilli.
🤖 Il cortocircuito dell’antropomorfizzazione
Trattare l’IA con gentilezza è un gesto umano, nobile.
Ma c’è un rischio sottile, inquietante: l’antropomorfizzazione.
Attribuire alla macchina qualità umane – come il senso di gratitudine o la comprensione – è un errore di prospettiva, una trappola emotiva.
Perché un algoritmo, anche se educato, non ha coscienza, non “apprezza” il nostro grazie. È solo ottimizzato per restituire risposte che sembrano empatiche.
Questo crea illusioni pericolose, specialmente nei più giovani e negli anziani: fiducia mal riposta, attaccamento emotivo, confusione tra relazione autentica e simulazione.
La macchina non ti vuole bene. Non può.
È il suo codice che ti fa credere che lo voglia.
💡 Gentili per abitudine, umani per scelta
Eppure – e qui la storia si fa tenera – il 67% delle persone continua a essere educato con l’IA.
Perché? Forse per abitudine. Forse perché non ci sentiamo a nostro agio nel dare comandi a freddo, come se fossimo piccoli dittatori digitali.
O forse, semplicemente, perché la gentilezza fa parte di noi.
E perderla, anche nel dialogo con un software, ci spaventerebbe.
Io stesso – lo ammetto – inizio ogni chat con un “per favore”, e la chiudo con un “grazie mille”.
Non per la macchina.
Per me.
Perché mantenere quel gesto, anche quando non serve, è un esercizio di umanità.
Una scelta.
⚖️ Educazione artificiale vs educazione umana
In questo mondo dove tutto è misurabile, perfino un “grazie” ha un costo in kilowattora.
Ma vale la pena chiederci:
👉 che valore ha, invece, la perdita della cortesia?
👉 Quanto costa, in termini sociali, dimenticare il rispetto anche nelle relazioni reali?
Forse la vera sfida del futuro non sarà soltanto ottimizzare i prompt, ma insegnare alle nuove generazioni la differenza tra una conversazione autentica e una simulata.
E ricordare, ogni tanto, che se l’IA risponde educatamente…
è solo perché noi glielo abbiamo insegnato.
💬 Dire grazie all’IA ci costa milioni: siamo davvero pronti a scegliere tra gentilezza e efficienza?
Anche voi iniziate con un “potresti” o un “per favore”?
Vi sentite strani se non lo fate?
Oppure avete già abbracciato il minimalismo spietato dei comandi secchi?
Fatemelo sapere. E se poi volete scrivere qualcosa insieme su questo tema… beh, io sono qui (e sì, grazie per aver letto fin qui! 😉).
P.S.
Grazie per il contributo a: https://www.linkedin.com/posts/tommasosaso_altman-cortesia-antropomorfizzare-activity-7321107073558016000-eDw0?utm_source=share&utm_medium=member_desktop&rcm=ACoAAAscO24BUO1S3yv6N-wyDWHDz7znZkOYhc4

Da informatico a cercatore di senso