GHOST WORKERS: Lo Schiavismo Nascosto dell’Intelligenza Artificiale e tanto altro

Stultifera Navis : un viaggio nel mare tempestoso della contemporaneità digitale, dove la tecnologia e in particolare l'Intelligenza Artificiale sta ridefinendo profondamente la nostra umanità.


Stultifera Navis

“Un estratto di articoli sull’Intelligenza Artificiale ed i suoi effetti collaterali.
Un sguardo approfondito sulla più grande rivoluzione scientifica della Storia dell’uomo.”


Stultifera Navis: 7 verità scomode sull'IA
Stultifera Navis: 7 verità scomode sull’IA
Rubrica Stultifera Navis – La Rassegna Stampa AI del 16 Dicembre 2025
⛵ Rubrica Stultifera Navis ⛵
A cura di Carlo Mazzucchelli e Francesco Varanini

La Rassegna Stampa AI del 16 Dicembre 2025

Benvenuti a bordo della Stultifera Navis

Stultifera Navis è un progetto culturale nato dalla collaborazione tra Carlo Mazzucchelli e Francesco Varanini, un luogo di riflessione critica e consapevole sulle trasformazioni tecnologiche del nostro tempo. Il nome, che richiama la celebre “Nave dei Folli” medievale, rappresenta un viaggio nel mare tempestoso della contemporaneità digitale, dove la tecnologia – e in particolare l’Intelligenza Artificiale – sta ridefinendo profondamente la nostra umanità.

In un’epoca in cui si inseguono freneticamente le promesse dell’AI, Stultifera Navis sceglie di fermarsi a riflettere, di interrogarsi sulle conseguenze, di difendere la dimensione umana. Non si tratta di tecnofobia, ma di una scelta consapevole: navigare nella complessità senza semplificazioni binarie, esplorare le zone d’ombra che il marketing tecnologico preferisce nascondere, dare voce a chi lavora invisibile nelle catene di produzione dell’intelligenza artificiale.

La Rassegna di Oggi

Questa rassegna stampa presenta una selezione di articoli pubblicati su Stultifera Navis che affrontano i temi più urgenti e profondi della rivoluzione AI. Dalle riflessioni filosofiche di Éric Sadin sul “deserto di noi stessi”, ai ghost workers invisibili che addestrano le intelligenze artificiali, dall’impantanamento esistenziale nella palude digitale, alla morte della bella prosa argomentativa, fino alla necessità di difendere l’umano e comprendere l’inquinamento digitale che ci sommerge. Sono riflessioni che ci invitano a guardare oltre le narrazioni dominanti, per immaginare mondi possibili alternativi – con la tecnologia, ma diversi.

🔥 IL DESERTO DI NOI STESSI: LA PROFEZIA APOCALITTICA DI ÉRIC SADIN

Nel suo ultimo libro “Le désert de nous-mêmes”, il filosofo francese Éric Sadin lancia un grido d’allarme: ci restano due o tre anni per agire prima che l’IA generativa ci trasformi in un’umanità svuotata, devitalizzata, ridotta a deserto. Non si tratta della fine dell’uomo in senso post-umanista, ma dell’avvento dell’“Anumanità” – un’umanità privata della sua sostanza essenziale.

Sadin, uno dei pensatori più lucidi della rivoluzione digitale, identifica tre conseguenze devastanti dell’IA generativa: primo, la nascita del “thanatologos”, un linguaggio morto fondato su correlazioni statistiche e non sull’intenzionalità umana; secondo, l’emergere di un’era dell’“indistinzione generalizzata” dove non si potrà più distinguere realtà da finzione; terzo, la scomparsa dei mestieri intellettuali e creativi – programmatori, insegnanti, traduttori, fotografi, architetti, designer.

Il “fondamentalismo dell’IA” poggia su sei pilastri: politici fascinati che agiscono come promotori zelanti, tecnocrati che accelerano lo sviluppo fingendosi preoccupati dell’etica, economisti che vedono l’automazione come destino ineluttabile, istituzioni complici, media acritici, e moltitudini di persone che hanno sposato l’IA. La grande illusione della regolamentazione si limita a ratificare la logica che pretende di controllare, senza mai porre la questione fondamentale delle rotture di civiltà in atto. Come testimonia un professore citato nel libro: “Mi chiedo perché perdo il mio tempo a correggere testi redatti da una macchina che i miei studenti forse non hanno nemmeno letto. Sono crollato. Con ChatGPT, niente ha più senso.”

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👻 GHOST WORKERS: LO SCHIAVISMO INVISIBILE CHE FA FUNZIONARE L’AI

Mentre celebriamo le meraviglie dell’intelligenza artificiale “automatizzata”, pochi parlano dell’esercito invisibile di lavoratori precari che in Nepal, Madagascar, Kenya, Venezuela – ma anche negli Stati Uniti – fanno realmente funzionare questi sistemi. Giovani competenti e preparati, pagati pochi dollari, impiegati da complesse reti di appaltatori nella catena globale dell’AI, che addestrano, correggono e mitigano le disfunzioni delle IA generative.

Un rapporto della Communications Workers of America, uno dei più grandi sindacati americani, solleva il velo su questa realtà nascosta. Questi “ghost workers” operano senza tutele, in regime di precarietà assoluta, sottoposti a condizioni di lavoro pessime che ricordano il nuovo colonialismo digitale. Il paradosso è stridente: la tecnologia che dovrebbe liberarci dal lavoro si regge su delocalizzazioni selvagge e sfruttamento nei paesi più poveri.

Mentre si parla di “sorti progressive” e rivoluzioni fantasmagoriche, la realtà dell’AI è fatta di licenziamenti di massa da un lato e lavoro povero e invisibile dall’altro. Un’industria miliardaria che nasconde il suo lato oscuro. Mondo civile, intellettuali, mondo accademico e politica dovrebbero aprire dibattiti pubblici su questa moderna schiavitù tecnologica, ma restano stranamente silenziosi. La riflessione dovrebbe interessare sia i numerosi licenziamenti in corso (di cui non è responsabile l’IA ma i proprietari delle aziende), sia il fatto che per funzionare l’IA ha bisogno di una grande quantità di lavoro. Peccato che sia precarizzato, povero, sfruttato.

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🌊 IMPANTANATI NELLA PALUDE DIGITALE: L’IMMOBILITÀ DELLA NOSTRA ERA

Viviamo l’era delle macchine, della tecnolog-IA, della palude digitale. Ci sentiamo sempre coinvolti, in realtà vi siamo dentro, esistenzialmente impantanati. Ne deriva un senso di immobilità – si corre rimanendo sullo stesso posto – bloccati dentro un presente continuo che ha catturato la nostra attenzione, ci ha intorpidito la mente, imprigionandoci dentro bolle cognitive, mettendoci al servizio di algoritmi che ci impediscono di pensare, di fare scelte, di coltivare pensiero e immaginazione.

L’impantanamento si riferisce alla realtà materiale e a quella virtuale. Siamo diventati fatalisti, percepiamo di essere senza prospettive. Più lo siamo, più scegliamo la realtà online, perché ci appare come la realtà alla quale è più facile adattarsi, conformarsi, omologarsi. Il fatalismo ci porta a credere di essere condannati a vivere nel mondo nel quale ci troviamo – il realismo capitalista descritto da Mark Fisher – un mondo senza alternative possibili.

E l’ironia è che anche le IA generative sono impantanate. Le loro sabbie mobili si chiamano allucinazioni. Mentre l’umano è in grado di riconoscere un errore, la macchina IA non lo è. L’allucinazione della macchina è una disfunzione statistica che produce output linguisticamente plausibili ma semanticamente vuoti. La realtà impantanata da cui i Chatbot IA producono i loro output non fa altro che produrre nuove realtà già impantanate in partenza, perché puramente allucinatorie. Cosa ci rimane da fare? Tornare a far ricorso alla immaginazione umana, usare un po’ meno le IA, recuperare la capacità di elaborare una riflessione critica e de-coincidente capace di contrapporre alla realtà attuale valide trasformazioni.

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📖 LA MORTE DELLA BELLA PROSA: QUANDO LE IMMAGINI NON AGGIUNGONO NULLA

Francesco Varanini racconta un esperimento rivelatore: invitato da un amico, ha tentato di aggiungere valore a un suo racconto distopico su Torino attraverso immagini generate dall’AI. Il risultato? Una mattinata sprecata. Ha dato in pasto il testo a varie GenAI per sintetizzarlo in prompt, ha generato immagini con diverse AI. Risultati deludenti.

La conclusione è netta: è meglio affidarsi alla pura narrazione testuale. Al racconto espresso in parole scritte. Le immagini generate dall’AI riducono il campo di ciò che leggendo si può immaginare. I prompt prodotti dalle macchine sono “testi scritti da una macchina per parlare ad una macchina, fredde indicazioni” che non dicono nulla, che non trasmettono l’essenza della narrazione umana.

È una scelta di campo precisa: Stultifera Navis non usa immagini. È un manifesto per il potere della parola scritta, per la capacità della mente umana di immaginare, di vedere con gli occhi interiori ciò che le parole evocano. Non c’è bisogno di passare attraverso il lavoro di macchine-scatole nere. L’invito è chiaro: leggete con i vostri occhi, la vostra mente e il vostro cuore. La narrazione umana si regge benissimo – anzi, meglio – senza le illustrazioni artificiali che pretendono di arricchirla impoverendola.

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✍️ ADDIO ALLA BELLA PROSA ARGOMENTATIVA NELL’ERA DELL’AI

A che serve impegnarsi nella buona prosa, nella cura delle parole, della bella frase, se alla fine nessuno legge più nulla perché tutti si fanno riassumere tutto da un’IA? Questa domanda non è retorica. Punta al cuore di un paradosso emergente: stiamo costruendo macchine sempre più sofisticate per comprendere i testi, mentre contemporaneamente stiamo perdendo la motivazione a produrre testi che meritino di essere compresi nella loro interezza.

Il circolo vizioso è perfetto: meno leggiamo, meno scriviamo bene; meno scriviamo bene, meno vale la pena leggere; meno vale la pena leggere, più deleghiamo la lettura alle macchine. La pagina di Manzoni e il suo riassunto non sono equivalenti. Il riassunto estrae informazione, ma dissolve esperienza. Chi legge il riassunto del dialogo platonico sulla giustizia apprende il contenuto, ma perde completamente l’esperienza di assistere a quella confutazione, di sentire la rabbia di Trasimaco, l’ironia socratica. Perde la dimostrazione performativa di come funziona il pensiero critico.

Tutto è cominciato con il PowerPoint, che ha inaugurato una trasformazione silenziosa: bullet points invece di paragrafi, sintesi invece di sviluppo, schematizzazione invece di argomentazione. Chi produce quotidianamente presentazioni PowerPoint inizia a pensare in bullet points. E l’uso dell’AI potrebbe rendere questo declino ancora più grave. Chi non pratica la lettura profonda perde anche la capacità di apprezzarla. Potremmo perdere il “senso del gusto” della buona scrittura, quello che si educa attraverso l’esposizione ripetuta a testi eccellenti. Ciò che è in gioco non è solo estetica: è una competenza civica fondamentale, perché le democrazie funzionano attraverso il discorso pubblico di qualità.

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🛡️ IN DIFESA DELL’UMANO: OLTRE IL PENSIERO BINARIO

Viviamo immersi nella complessità, eppure continuiamo a ragionare per contrapposizioni binarie: bene/male, giusto/sbagliato, tecnofili/apocalittici. È un approccio riduzionistico che può essere utile per semplificare il confronto, ma che rischia di impoverire la nostra comprensione della realtà e cristallizzare posizioni polarizzate intellettualmente sterili.

Prima di prendere posizione, sarebbe bene che ognuno si impegnasse a cercare di comprendere la rivoluzione “aliena” in corso, i suoi “codici stranieri”, i suoi effetti e le sue conseguenze, la sua pervasività. La sfida dell’IA non è tecnica ma eminentemente politica: riguarda come vogliamo organizzare il potere, distribuire i benefici e la ricchezza, difendere i diritti, preservare l’autonomia umana. Per la prima volta l’IA sta dando corpo a una nuova forma di potere pervasiva, globale, aggressiva.

Il mantra maligno e perverso che ci accompagna è: più le IA sono intelligenti e meglio è. Si tratta di un grave errore di valutazione. Celebrando una macchina sempre più intelligente dimentichiamo le conseguenze morali ed etiche derivanti da macchine che perseguono obiettivi sbagliati immessi da umani non necessariamente dalla nostra parte. L’IA si è presa in carico, con il nostro beneplacito, di disegnare per noi gli scenari futuri. Siamo contenti di lasciarglielo fare? Serve uno sguardo più maturo, acquisire una migliore conoscenza e comprensione delle IA. Nel momento in cui collochiamo il nostro sapere nelle macchine, diamo loro il potere di governarci. È tempo di difendere l’umano, di tornare a pensare criticamente.

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🗑️ DATA TRASH: INTERNET COME IMMENSA DISCARICA DIGITALE

Che Internet possa essere una discarica, una pattumiera a cielo aperto, non lo scopriamo da oggi. A parlare di spazzatura su Internet è stato per primo il filosofo Arthur Kroker con il suo libro “Data Trash” negli anni ’90, fornendo una riflessione profetica su una società dominata dalla tecnologia digitale e dalle sue élite virtuali. Kroker criticava la retorica utopica della rivoluzione digitale sostenendo che dietro le promesse di libertà e democrazia si nascondeva una nuova forma di dominio.

A distanza di trent’anni non solo facciamo esperienza di quanta spazzatura online ci sia, ma anche di quanto essa si sia diffusa e di quanto stia inquinando il nostro stare al mondo. La diffusione esponenziale delle IA sta contribuendo all’aumento della spazzatura online e all’inquinamento delle fonti della Rete. L’inquinamento è dato da una brodaglia crescente di dati, dati sintetici e informazioni che stanno determinando effetti reali sulle persone.

Con la diffusione di sempre nuova spazzatura, la qualità dei dati e delle informazioni diminuisce, si offusca la capacità critica nel valutare la validità dei dati. Le IA e i loro Chatbot non sanno distinguere tra dati spazzatura e dati puliti, contribuendo a un inquinamento crescente che potrebbe portarli al collasso. Internet si sta trasformando anche in una immensa discarica per i corpi virtualizzati, disincarnati, privi dei loro fluidi vivificanti, con memorie azzerate dalla cablatura digitale, trasformati in sequenze di bit e dati. Il rischio vero è scoprire che componenti crescenti di questi dati siano semplice spazzatura, inquinando non solo l’ambiente digitale ma i corpi virtuali stessi.

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⛵ Rubrica Stultifera Navis – A cura di Carlo Mazzucchelli e Francesco Varanini ⛵

Per salire a bordo: www.stultiferanavis.it

“In difesa dell’umano, nell’era delle macchine”

Recap

Benvenuti a bordo di Stultifera Navis, la rubrica che naviga controcorrente nel mare della rivoluzione tecnologica. Oggi parliamo di sette verità scomode che nessuno vuole raccontarvi sull’intelligenza artificiale.

Prima verità – Il deserto che avanza: Il filosofo Éric Sadin ci avverte: abbiamo due o tre anni per agire prima che l’IA generativa ci trasformi in “Anumanità” – un’umanità svuotata della sua sostanza. Non la fine dell’uomo, ma la nascita del “thanatologos”, un linguaggio morto basato su statistiche, non su intenzionalità umana. Un professore confessa: “Con ChatGPT, niente ha più senso.” È il deserto di noi stessi che avanza.

Seconda verità – Gli schiavi invisibili: Dietro ogni chatbot brillante ci sono migliaia di “ghost workers” in Nepal, Kenya, Madagascar, Venezuela e USA che per pochi dollari addestrano, correggono e rendono funzionale l’AI. Un esercito invisibile sfruttato da un nuovo colonialismo digitale. L’automazione? È un’illusione sostenuta dal lavoro umano povero e invisibile. La Communications Workers of America ha prodotto un rapporto sconvolgente che il mondo preferisce ignorare.

Terza verità – Impantanati nella palude: Viviamo esistenzialmente impantanati nella palude digitale. Corriamo rimanendo sullo stesso posto, bloccati in un presente continuo che ha catturato la nostra attenzione e intorpidito la mente. Siamo diventati fatalisti, convinti che non ci siano alternative. E l’ironia è che anche le IA sono impantanate – nelle loro allucinazioni statistiche che producono realtà già impantanate in partenza.

Quarta verità – La morte della narrazione: Francesco Varanini ha fatto un esperimento: generare immagini AI per illustrare un suo racconto. Risultato? Una mattinata sprecata. Le immagini generate dall’AI sono “testi scritti da una macchina per parlare ad una macchina” che non dicono nulla. La scelta di Stultifera Navis è netta: niente immagini, solo pura narrazione testuale. Il potere della parola scritta contro la sterilità delle illustrazioni artificiali.

Quinta verità – Addio alla bella prosa: A che serve scrivere bene se tutti si fanno riassumere tutto dall’IA? Il circolo vizioso è perfetto: meno leggiamo, meno scriviamo bene; meno scriviamo bene, meno vale la pena leggere. Tutto è cominciato con il PowerPoint – bullet points invece di paragrafi – e l’AI sta completando l’opera. Stiamo perdendo il “senso del gusto” per la bella scrittura, e con esso una competenza civica fondamentale: le democrazie funzionano attraverso il discorso pubblico di qualità.

Sesta verità – È una questione politica: La sfida dell’IA non è tecnica ma eminentemente politica. Riguarda come vogliamo organizzare il potere, distribuire ricchezza, preservare autonomia umana. Il mantra maligno che ci accompagna è: più le IA sono intelligenti e meglio è. Falso! Celebrando macchine sempre più intelligenti dimentichiamo che perseguono obiettivi immessi da umani non necessariamente dalla nostra parte. L’IA si è presa in carico di disegnare il nostro futuro. Siamo contenti di lasciarglielo fare?

Settima verità – L’inquinamento totale: Trent’anni fa Arthur Kroker parlava di “Data Trash” – Internet come discarica. Oggi la profezia si è avverata moltiplicata. Le IA non sanno distinguere dati spazzatura da dati puliti, contribuendo a un inquinamento crescente che potrebbe portarle al collasso. Internet è diventata immensa discarica per corpi virtualizzati, disincarnati, trasformati in sequenze di bit inquinati. La qualità dei dati diminuisce, si offusca la capacità critica, diventiamo sempre più ignoranti e stupidi.

Sette verità scomode che ci costringono a scegliere. Continuare a inseguire freneticamente le macchine o fermarci a difendere l’umano? Carlo Mazzucchelli e Francesco Varanini, con Stultifera Navis, ci invitano a salire su una nave diversa: quella del pensiero critico, della complessità senza riduzionismi, della pura narrazione umana, della difesa della nostra umanità in un mondo sempre più mediato dalla tecnologia. Perché la vera domanda non è “cosa può fare l’AI per noi”, ma “cosa stiamo perdendo di umano nell’abbracciarla senza riflessione”. Questa era Stultifera Navis – la rassegna che osa guardare il deserto che avanza. Al prossimo viaggio, se ci sarà ancora qualcosa di umano da salvare.

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