La domanda di professionisti ICT in Italia ha raggiunto, dicono gli esperti, una fase di maturità. È un’espressione che evoca stabilità, solidità, come se fossimo finalmente arrivati a un porto sicuro dopo anni di tempeste digitali. Eppure, guardando più a fondo, ciò che emerge non è tanto la serenità di un equilibrio raggiunto, quanto piuttosto la consapevolezza di una realtà immutabile: il digitale non è più una moda passeggera o l’ossessione dei soli tecnologi, ma è diventato l’infrastruttura stessa su cui poggia la competitività di questo Paese.
Ecco i dati
Oltre 135 mila annunci sono stati pubblicati solo nel 2024, e il ritmo rimane elevato anche nei mesi iniziali del 2025. Ma non è la quantità che colpisce veramente, quando ci si sofferma a osservare il fenomeno con attenzione. È la diffusione trasversale di questa domanda che racconta una storia più profonda, una storia che scavalca i confini tradizionali del settore tecnologico. I professionisti ICT non lavorano più soltanto nelle aziende IT, chiusi in uffici sterili e illuminati dal bagliore dei monitor. Oggi si trovano nelle filiere tradizionali, nel turismo e nell’ospitalità, nella sanità e nella manifattura, nei media e nei servizi finanziari. La tecnologia è diventata il linguaggio comune dell’economia, la lingua franca di settori che una volta si definivano “non tech” e che ora, improvvisamente, si ritrovano a includere nelle loro organisazioni figure digitali come se fossero altrettanto cruciali quanto l’ingegnere di produzione o il direttore commerciale.
Questo ampliamento non riguarda soltanto i ruoli, ma anche le competenze. Sviluppatori software e ingegneri continuano a essere i profili più ricercati, con lo Sviluppatore Software fermo al primo posto con oltre 14 mila annunci. Accanto a loro, però, emerge con forza una consapevolezza nuova: la sicurezza digitale non è più una preoccupazione secondaria, una sorta di appendice riservata ai tecnici più zelanti. Il Cybersecurity Engineer ha registrato un incredibile incremento del 70% anno su anno, trasformandosi da figura specialistica in risorsa strategica trasversale. La cybersecurity, la protezione dei dati, la continuità operativa, sono diventate preoccupazioni che tengono svegli i CEO di tutte le industrie, consapevoli che una sola violazione potrebbe compromettere non solo i loro sistemi, ma la fiducia stessa che i clienti ripongono in loro.
E poi c’è l’Intelligenza Artificiale
E poi c’è l’intelligenza artificiale, quella tecnologia che sembrava ancora fantascienza qualche anno fa e che oggi bussava alle porte della realtà aziendale italiana con la naturalezza di un visitatore atteso. Quello che sorprende, però, non è soltanto la crescita della domanda di competenze AI, che comunque registra incrementi significativi del 33% per figure come gli AI Developer. È piuttosto il cambiamento nella natura di questa domanda. Il fenomeno virale di ChatGPT aveva generato un’ondata di annunci che cercavano candidati semplicemente “familiari” con lo strumento, persone che potessero giocare e sperimentare. Ma ora, analizzando gli annunci, emerge chiaramente un’evoluzione: il calo di ChatGPT nei job posting (-71%) non indica indifferenza verso l’intelligenza artificiale, bensì una maturazione del mercato. Le aziende non cercano più curiosi, cercano esperti di machine learning, professionisti che padroneggiano TensorFlow e PyTorch, figure capaci di integrare modelli predittivi nei processi operativi reali.
Se guardiamo ai talenti che le imprese ricercano, il quadro si completa con una consapevolezza che ancora molti ignorano: la digitalizzazione non riguarda solo la tecnica pura. Negli annunci, con una frequenza sempre crescente, compaiono richieste di competenze trasversali, di soft skill che una volta erano considerate quasi irrilevanti nel mondo tecnologico. Capacità comunicative, gestione dei progetti, negoziazione commerciale, comprensione dei processi organizzativi. Le imprese hanno capito che un brillante sviluppatore software, se non sa comunicare la propria visione, se non riesce a gestire una conversazione costruttiva con i colleghi di altre funzioni, rimane confinato in un ruolo tecnico senza possibilità di evoluzione e di impatto reale. Il mercato del lavoro si è trasformato in qualcosa di ibrido, dove la tecnologia e le relazioni umane avanzano insieme, inseparabili come le radici di un albero che si intrecciano nel terreno.
Il Nodo Cruciale
Ma eccoci al nodo cruciale, al punto in cui la realtà si scontra violentemente con i numeri, dove l’entusiasmo per la trasformazione digitale in atto si spegne di fronte a una constatazione fredda e deprimente. Perché tutto questo racconto di progresso, di evoluzione, di integrazione della tecnologia in ogni settore, si scontra con una verità bruciante: il sistema formativo italiano non riuscirà mai a stare al passo. Non perché manchi la volontà, non perché le università non stiano compiendo sforzi significativi. Ma perché il divario è strutturale, non è un difetto da correggere, ma una lacuna che si ingrassa ogni anno che passa.

I dati lo dicono chiaramente, e ascoltarli produce una sorta di disagio acido. Nel 2024, le università italiane hanno formato circa 22 mila laureati in ambito ICT “in senso ampio”, includendo sia i corsi strettamente informatici che quelli affini. Nel 2024, tra laureati, diplomati dai master e iscritti agli ITS Academy, l’offerta complessiva si è fermata a poco più di 72 mila unità in un anno. Ma nello stesso anno, il mercato ha pubblicato oltre 135 mila annunci per professionisti ICT. Il rapporto è brutale, inequivocabile: per ogni professionista ICT che entra nel mercato del lavoro italiano, ci sono quasi due posizioni vacanti. Due. Non è una questione di scarsità temporanea, non è un malinteso tra domanda e offerta che il tempo risolverà. È una scarsità strutturale, un deficit che si ripete anno dopo anno, come una cicatrice che non guarisce mai completamente.
Questo deficit si riflette persino nel confronto con l’Europa. L’Italia conta circa il 4% di lavoratori ICT sul totale della forza lavoro, contro una media europea del 5%. Sembra poco, una differenza marginale, ma dietro quella percentuale si nasconde una realtà più profonda: mancano all’appello oltre 236 mila professionisti ICT per allinearci semplicemente al livello medio del continente. 236 mila. È una città intera di talenti che il nostro sistema produttivo sta lasciando andare, che non riesce a trattenere, che non sa come formare.
Sul versante della formazione universitaria, i progressi ci sono, non è corretto dirlo diversamente. I corsi ICT universitari sono aumentati da circa 670 a oltre 850 negli ultimi dieci anni. È una crescita effettiva, visibile, ma quando si guarda alla proporzione, quando si considera che tra i nuovi corsi attivati nel 2025/26, solo il 12% riguarda l’ICT, il senso di insufficienza si ripropone insistente. Gli ITS Academy, invece, rappresentano un elemento più promettente. Queste scuole di formazione tecnica superiore hanno registrato una crescita impressionante: la domanda di iscrizione ai corsi ICT negli ITS è cresciuta del 58% nel 2023 rispetto all’anno precedente, con iscritti effettivi cresciuti del 37%. Sono numeri che ispirano speranza, che suggeriscono l’esistenza di un percorso alternativo a quello universitario tradizionale, più agile, più connesso alle esigenze del mercato, più capace di anticipare le trasformazioni in atto.
Eppure, anche gli ITS, per quanto promettenti, rimangono un’isola in un arcipelago disperso. La loro crescita, seppur significativa, non basta a colmare il divario. È come cercare di spegnere un incendio con un bicchiere d’acqua quando le fiamme divampano da ogni parte.
Le Donne
C’è un altro aspetto che merita attenzione, una questione che tocca l’equità e l’inclusione di questa transizione digitale. Le donne rappresentano solo il 35% dei laureati ICT “in senso ampio” e appena il 23% di quelli del perimetro “in senso stretto”, quelli più strettamente informatici. E questi numeri non stanno migliorando significativamente. La presenza femminile cresce in termini assoluti, perché cresce tutto quando cresce la popolazione dei laureati, ma gli equilibri rimangono stabili, immobili come una roccia. Questo significa che la trasformazione digitale italiana, questo processo cruciale che dovrebbe rappresentare un’opportunità per tutti, rischia di riprodurre, anzi di amplificare, le disparità di genere che caratterizzano già oggi il mercato del lavoro italiano. È una ferita che si riapre ogni anno, una possibilità mancata per costruire un ecosistema digitale davvero inclusivo.
Guardando al panorama delle aziende che cercano talenti ICT, emerge un’altra caratteristica interessante del mercato: il ruolo delle agenzie di lavoro. Aziende come Adecco, Gi Group, Randstad e piattaforme di recruiting come Michael Page e Openjobmetis dominano la scena, pubblicando migliaia di annunci. La loro prevalenza suggerisce che una quota consistente della domanda di professionisti ICT continua a essere gestita in modalità indiretta, attraverso intermediari. È efficiente? Probabilmente sì. Rappresenta il miglior utilizzo possibile del talento disponibile? Probabilmente no. La mediazione attraverso agenzie di lavoro ha sempre tendenza a massimizzare il throughput, il numero di candidati processati, piuttosto che la qualità dell’abbinamento tra competenze richieste e competenze disponibili.
Lo Stato dell’Arte
Il quadro che emerge è quello di un Paese in transizione, uno Stato che ha compreso l’urgenza della trasformazione digitale, che ha iniziato a mobilitare le proprie risorse formative, ma che procede con un’agilità insufficiente rispetto alla velocità del cambiamento esterno. Le forze di innovazione, quelle esogene, superano costantemente le capacità del sistema formativo italiano di adattarsi e rispondere.
Eppure, in mezzo a questa realtà sconfortante, ci sono germogli di speranza. Gli ITS Academy crescono, le imprese iniziano a investire in partnerships con le università per co-progettare percorsi formativi, la consapevolezza dell’importanza della formazione digitale continua si sta diffondendo. Quello che manca, però, è una visione integrata, un ecosistema vero dove università, ITS Academy, imprese e istituzioni pubbliche lavorano non in parallelo, ma in sinergia autentica.
Il passaggio decisivo che l’Italia deve compiere non è incremente di denaro, per quanto importante. È una trasformazione culturale più profonda, una rivalutazione di chi sono gli attori della formazione digitale, un riconoscimento che il digitale non può essere un contenuto isolato aggiunto ai curricula tradizionali, ma deve diventare un metodo stesso di insegnamento e apprendimento. Significa orientare i giovani, sin dalle scuole secondarie, verso percorsi tecnico-scientifici, creando condizioni di accesso equo e inclusivo. Significa costruire una rete nazionale di centri di orientamento continuo, di Life Design Center, che accompagnino gli studenti e i lavoratori in un percorso di riqualificazione digitale permanente.
La trasformazione digitale italiana sta assumendo una forma sempre più definita, ma questa forma è ancora incompleta, ancora fragile. È come guardare un disegno eseguito con matita, dove le linee essenziali sono visibili, ma i dettagli rimangono sfocati, incerti. La domanda che urge, quella che non ammette rinvii, è: riusciremo a dare consistenza a questa visione, a trasformarla in realtà concreta? O continueremo a inseguire opportunità che ci sfuggono dalle dita, mentre il Paese perde posizioni nella competizione globale per i talenti digitali?
La risposta dipenderà da scelte che vanno prese ora, non domani. Dalle decisioni che le istituzioni educative, le imprese e il governo italiano faranno nelle prossime settimane e mesi. Perché il tempo di una transizione digitale consapevole e inclusiva non è illimitato. Il mercato non attenderà pazientemente che l’Italia si decida. La competizione è già in corso, e i talenti digitali che il nostro Paese non forma, altri se li contenderanno, magari formandoli da soli.
FAQ – La Trasformazione Digitale Italiana: Domande e Risposte
Tra gennaio 2024 e settembre 2025, sono stati pubblicati oltre 222 mila annunci di lavoro per professionisti ICT su LinkedIn in Italia. Nel 2024 solo, la cifra ha raggiunto i 135 mila annunci. Questo volume elevato conferma che la domanda di competenze digitali rimane strutturalmente alta nel mercato italiano, segno di una trasformazione che interessa ormai tutti i settori produttivi.
Il divario è strutturale e preoccupante: per ogni professionista ICT che il sistema formativo italiano riesce a preparare, il mercato richiede quasi due posizioni. Nel 2024, il mercato ha pubblicato 135 mila annunci mentre il sistema formativo (università, master e ITS Academy) ha formato circa 72 mila nuovi professionisti. Questo squilibrio è confermato anche dal confronto europeo: l’Italia conta circa il 4% di lavoratori ICT sul totale della forza lavoro, contro una media europea del 5%, il che significa che mancano all’appello oltre 236 mila professionisti ICT per allinearsi al livello europeo.
La figura più richiesta rimane lo Sviluppatore Software, con oltre 14 mila annunci, seguito da IT Project Manager (9.610) e Software Engineer (8.465). Tuttavia, il panorama si sta evolvendo: le figure legate alla cybersecurity registrano la crescita più significativa, con il Cybersecurity Engineer in aumento del 70% anno su anno. Emergono inoltre nuove competenze legate all’intelligenza artificiale, con figure come Data Scientist (2.585 annunci) e professionisti di AI Development in forte espansione (+33%).
Le competenze più dinamiche includono l’Individuazione delle Vulnerabilità (in crescita del 228%), il Prompt Engineering (+112%), e competenze legate al cloud e alla containerizzazione (oltre +100%). Parallelamente, si osserva un calo di ChatGPT negli annunci (-71%), che segnala una maturazione del mercato dell’IA: non si ricercano più semplicemente persone “familiari” con lo strumento, ma professionisti capaci di integrare modelli predittivi nei processi operativi reali. Un dato importante è che oltre il 60% degli annunci ICT richiede anche soft skill come comunicazione, gestione dei progetti e negoziazione commerciale.
Le principali vie di accesso sono: (1) Corsi universitari ICT, che stanno gradualmente espandendosi (da 670 a oltre 850 negli ultimi 10 anni), con una partecipazione femminile ferma al 35% per il perimetro ampio e 23% per quello stretto; (2) ITS Academy, che rappresentano un percorso estremamente promettente, con una crescita della domanda del 58% nel 2023 e iscritti effettivi aumentati del 37%, ormai seconda area per numero di percorsi offerti; (3) Master universitari, seppur ancora una nicchia (solo il 9% dei diplomati master proviene da corsi ICT); (4) Programmi di reskilling e upskilling per lavoratori che vogliono riqualificarsi digitalmente. Gli ITS Academy emergono come particolarmente agile e responsivi alle esigenze del mercato.


1. Infografica Principale
Pannello 1: Domanda vs Offerta – Il Divario Strutturale
- Annunci ICT 2024: 135.860 posizioni pubblicate
- Professionisti Formati: 72.000 nuovi laureati/diplomati
- Divario: Per ogni professionista formato, il mercato richiede 1,88 posizioni (quasi 2)
- Colori: Blu (#667eea) per domanda, Rosa (#f093fb) per offerta
Pannello 2: Crescita Professioni in Espansione
Tasso di crescita anno su anno (gen-set 2024 vs 2025):
- Cybersecurity Engineer: +70% (dato più rilevante)
- Direttore Cybersecurity: +63%
- AI Development: +33%
- Addetto Cybersecurity: +33%
- Analista Cybersecurity: +17%
- Grafico a barre orizzontali in tonalità di rosso
Pannello 3: Distribuzione per Cluster di Competenze
Suddivisione percentuale degli annunci ICT per area specialistica:
- Software Development: 37% (83.093 annunci)
- Reti e Sistemi: 9% (21.252 annunci)
- IT Management: 10% (23.346 annunci)
- Analisi Dati: 9% (20.881 annunci)
- Cybersecurity: 5% (11.774 annunci)
- Intelligenza Artificiale: 5% (10.248 annunci)
- Cloud: 4% (9.997 annunci)
- Altro: 20% (40.849 annunci)
- Rappresentazione a torta con colori vivaci e gradati
Pannello 4: Italia vs Media UE – Lavoratori ICT
- Italia: 4% di lavoratori ICT sul totale della forza lavoro
- Media UE: 5% di lavoratori ICT
- Deficit: Mancano 236.000 professionisti ICT per allinearsi alla media europea
- Grafico a barre con annotazione del divario
2. Competenze Digitali
Infografica di approfondimento a 4 pannelli con dati dettagliati sul mercato delle competenze.
Pannello 1: Top 10 Professioni ICT Più Richieste
Ranking delle figure professionali più cercate (gen 2024 – set 2025):
- Sviluppatore Software: 14.223 annunci
- IT Project Manager: 9.610 annunci
- Software Engineer: 8.465 annunci
- Sistemista: 7.665 annunci
- Full Stack Engineer: 7.379 annunci
- Frontend Developer: 7.266 annunci
- Java Developer: 5.341 annunci
- Programmatore: 5.215 annunci
- Application Developer: 3.693 annunci
- Help Desk IT: 3.507 annunci
- Grafico a barre orizzontali con gradiente di colori
Pannello 2: Andamento Mensile Annunci ICT (gen 2024 – set 2025)
- Linea temporale che mostra la tendenza della domanda nel periodo di 21 mesi
- Gennaio 2024: picco di 19.000 annunci mensili
- Trend discendente graduale fino a settembre 2025: 9.800 annunci mensili
- Marcatura della transizione tra 2024 e 2025
- Area sottesa per evidenziare il volume complessivo
- La curva mostra stabilizzazione della domanda in fase di maturità
Pannello 3: Settori che Richiedono Professionisti ICT (Top 8)
Settori che assorbono professionisti ICT al di là del “Tech puro”:
- Servizi IT: 71.768 annunci (43%)
- Consulenza & Assistenza: 12.262 annunci (7%)
- Consulenza IT: 8.672 annunci (5%)
- Ingegneria & Costruzioni: 7.744 annunci (5%)
- Servizi Finanziari: 6.899 annunci (4%)
- Energia & Risorse: 4.646 annunci (3%)
- Automotive: 3.793 annunci (2%)
- Hospitality & Turismo: 3.717 annunci (2%)
- Grafico a barre con colori distintivi per settore
Pannello 4: Partecipazione Femminile nella Formazione ICT
Confronto tra percentuale attuale e equilibrio ideale:
- Laureati ICT (perimetro ampio): 35% donne vs 65% uomini
- Laureati ICT (perimetro stretto): 23% donne vs 77% uomini
- Equilibrio Ideale: 50% donne vs 50% uomini
- Grafico a barre in pila che evidenzia il divario di genere
- Chiaramente visibile il deficit femminile di 15-27 punti percentuali rispetto all’equilibrio
Analisi Visiva dei Dati
Messaggio Principale Trasmesso dai Grafici:
- Urgenza della Situazione: Il divario tra domanda (135K) e offerta (72K) è strutturale e non accidentale
- Evoluzione del Mercato: Cybersecurity e AI non sono più “optional” ma competenze strategiche con crescite del 70% e 33%
- Trasversalità Digitale: Il 43% degli annunci proviene dal settore IT tradizionale, ma il restante 57% è distribuito trasversalmente in sanità, turismo, manifattura, finanza – confermando che la trasformazione è davvero generalizzata
- Software Development come Fondamento: Il 37% della domanda ruota attorno allo sviluppo software, la competenza core della trasformazione
- Tendenza di Maturità: L’andamento mensile mostra che dopo il picco iniziale, la domanda si è stabilizzata su valori elevati ma sostenibili (9-10K annunci mensili)
- Deficit Inclusivo: Solo il 23-35% dei laureati ICT sono donne, mentre l’equilibrio dovrebbe essere del 50%, rivelando un importante divario di genere che rischia di perpetuarsi
📊 STATISTICHE PRINCIPALI EVIDENZIATE
- 222.040 annunci di lavoro ICT in 21 mesi
- 135.860 annunci soltanto nel 2024
- 72.000 professionisti formati annualmente
- 1,88:1 rapporto domanda/offerta (quasi 2 a 1)
- 70% crescita Cybersecurity Engineer
- 236.000 professionisti ICT mancanti vs media UE
- 37% della domanda concentrata in Software Development
- 23-35% partecipazione femminile (vs 50% equilibrio ideale)
Da informatico a cercatore di senso






