Benvenuti nell’era dell’ecotecnologia. Dove il cielo non è più il limite, ma la superficie di un display su cui si scrive il prossimo codice climatico.
Ma andiamo con ordine. Non si tratta più di sparare ioduro d’argento nelle nuvole come facevano i nostri nonni con i vecchi aerei da semina (sì, lo so, è una metafora). Questa volta parliamo di impulsi di microonde, di intelligenza artificiale che calcola in tempo reale i gradienti di umidità e decide dove spostare le nuvole, come un pastore elettronico del vapore acqueo . E il tutto senza sostanze chimiche, o così assicurano i meteorologi locali. Sembra quasi magia, se non fosse tutto documentato.
Il test è avvenuto in Mongolia interna, terra storica delle tempeste di sabbia e della desertificazione. Dopo soli 22 minuti dal lancio del drone, la pioggia ha iniziato a cadere su un’area di 7 chilometri quadrati. Niente male per un prototipo. E niente sostanze estranee, solo energia mirata e dati precisi, raccolti da satelliti e sensori a terra . Insomma, la rivoluzione tecnologica incontra la disperazione agricola, e il risultato è qualcosa che sembra uscito da un romanzo cyberpunk ambientalista.
Ma attenzione: questa non è solo una notizia scientifica, è una notizia geopolitica. Perché quando cominci a decidere dove piove e dove no, inizi a giocare col destino di intere regioni. E non è difficile immaginare che, prima o poi, qualcuno accusi qualcun altro di avergli “rubato la pioggia” — un nuovo tipo di guerra climatica soft, condotta con onde e algoritmi invece che con missili .
Eppure, nonostante gli avvertimenti degli esperti sui possibili effetti collaterali, squilibri ecologici, redistribuzione involontaria delle risorse idriche, tensioni internazionali, i funzionari cinesi insistono: “Non c’è problema, basta controllare bene i modelli predittivi dell’IA” . Come dire: affidiamoci all’algoritmo supremo, che sa leggere il cielo meglio dei meteorologi e dei contadini messi insieme.
Intanto, nel resto del mondo, continuiamo a parlare di transizione ecologica, di economia verde, di riduzione delle emissioni… ma siamo onesti: mentre discutiamo di tasse sul carbonio e certificazioni ESG, la Cina sta già riscrivendo le regole del gioco. La geoingegneria non è più fantascienza, né un tema marginale da laboratori universitari. È una pratica operativa, avanzata e probabilmente destinata a espandersi rapidamente.
E allora forse è arrivato il momento di smetterla con i convegni infiniti, le chiacchiere a vuoto, le velleità ecologiche irrealistiche e quelle narrazioni neoconformiste che vorrebbero farci credere in una transizione ideologica anziché tecnologica. Il futuro non sarà verde, né blu, né neutro. Sarà programmabile. E chi comanda gli algoritmi, comanderà il clima .

Da informatico a cercatore di senso