Le parole di Dario Amodei, CEO di Anthropic, risuonano nella mia mente come un campanello d’allarme: “Entro sei mesi, l’IA potrebbe scrivere il 90% del codice”
Sono qui oggi per scuotere un po’ le cose. Viviamo in un’epoca ossessionata dalla perfezione: filtri che levigano la pelle, vite patinate sui social media, algoritmi che ci promettono l’efficienza assoluta. Ma io dico: basta!
Mi chiedo spesso, osservando il flusso incessante di persone che attraversano le strade affollate della mia città, quanti di noi supererebbero realmente un Test di Turing al contrario.
L’annuncio di Pechino è di quelli che fanno rumore: a partire dal prossimo autunno, l’intelligenza artificiale (IA) diventerà materia di studio obbligatoria in tutte le scuole della città, dalle elementari alle superiori.
Il panorama dell’intelligenza artificiale vive una fase di accelerazione senza precedenti,
tra breakthrough tecnologici, scelte geopolitiche e dilemmi etici.
Sapete qual è la verità? La verità è che non vogliamo essere liberi. Non perché non ne abbiamo il diritto, ma perché non sappiamo più cosa significhi esserlo.
Negli ultimi mesi, il mondo dell’intelligenza artificiale ha visto emergere un nuovo protagonista: Manus, un agente autonomo sviluppato da un’azienda cinese chiamata The Butterfly Effect.
Immaginate un cervello digitale che legge, scrive e ragiona come un essere umano. I Transformer, una tecnologia nata nel 2017, hanno reso possibile tutto questo.
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